L’agosto 2011 è iniziato con l’ “Accordo dei Castelli”, una felice etichetta sottoscritta dai ministri Marco Borradori e Raffaele Cattaneo (Regione Lombardia) sotto la quale assicurare, entro il 2014/15 (apertura della Mendrisio-Varese e Expo universale), comunicazioni ferroviarie interregionali e metropolitane veramente degne del nome Tilo (Ferrovie Ticino- Lombardia). Bene. Se non fosse che lo stesso giorno si è avuta quella che noi abbiamo chiamato (v. laRegioneTicino dell’ 8.8.11) “la grande beffa”, vale a dire l’intesa, nella cornice festivaliera di Locarno, tra i direttori generali delle ferrovie svizzere e italiane sul traffico di AlpTransit.

In pratica i massimi dirigenti ferroviari rassicurano che non vi sarebbe nessun problema ad accogliere il traffico di AlpTransit (2016/ 17): con investimenti tecnologici d’esercizio (niente di trascendentale, basta l’adozione degli standard europei) si potrà soprassedere al quadruplicamento dei binari tra Como e Monza e alla gronda est Seregno- Bergamo per il traffico merci in aggiramento di Milano.

Come non parlare di beffa (non solo politica): questi investimenti facevano da premessa – negoziata in anni di discussioni, votazioni popolari e accordi internazionali – per dare pieno significato ai 17 miliardi di franchi investiti dalla Svizzera per dotare il traffico transalpino di infrastrutture adeguate al XXI secolo e, soprattutto, per realizzare il trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia.

Orizzonti invertiti? Nell’ottica della gestione privatizzata delle ferrovie i due direttori devono indubbiamente aver trovato un loro tornaconto aziendale di medio termine nonché delle risposte accondiscendenti alle pressanti pressioni politiche.

Limitiamoci alla Svizzera: quella dell’altopiano e delle agglomerazioni urbane che vogliono investimenti e sussidi adeguati a una realtà diventata ormai metropolitana; ma anche quella delle forze liberiste che giudicano impossibile continuare con la politica dell’offerta, incarnata dalle quattro legislature condotte dal consigliere federale Leuenberger (ma iniziata molto prima e, soprattutto, sempre sostenuta dal voto popolare). L’approccio diventa allora quello della domanda, da soddisfare a breve/medio termine equilibrandola tramite lo strumento del prezzo di mercato (aumento e differenziazione delle tariffe) mentre il rincaro dovrebbe favorire la concentrazione e un miglior sfruttamento delle aree urbane o urbanizzabili.

È quest’ultima la posizione del “think tank” Avenir Suisse (vedi lo studio di Maggi/ Geninazzi) che non manca, per definizione, di provocazioni; tuttavia, invece che in dibattiti essa sembra tradursi nell’adozione strisciante del nuovo paradigma, in funzione dei singoli interessi e opportunità in vista della nuova pianificazione degli investimenti ferroviari 2025/30.

L’inversione d’orizzonte – dall’internazionale al nazionale, dal sud al nord, dal traffico merci a quello dei viaggiatori – è ricca di implicazioni sostanziali; restando ad AlpTransit, una parte del paese pensa ormai al blocco di ulteriori investimenti (aggiramento di Bellinzona e di Lugano; continuazione verso sud) e, semmai, alla realizzazione integrale della galleria di base del Loetschberg, aperta a binario semplice nel 2007. Per Ticino e Mesolcina si aprono allora tre scenari politici non privi di insidie.

Il primo è quello della coerenza nelle modalità di perseguimento degli obiettivi ricercati da decenni; sembrano andare in questa direzione (v. laRegione del 9 e 10 agosto) le prime prudenti reazioni all’intesa di Locarno della presidente della deputazione ticinese alle camere, Marina Carobbio, e del consigliere nazionale Fabio Abate (membro della commissione di controllo di AlpTransit), mentre il direttore del dipartimento Ambiente, Marco Borradori, pur presente all’intesa dei manager ferroviari, ha ribadito la posizione espressa a Berna, ancora in luglio, a favore di una realizzazione completa, sia pur a tappe, di AlpTransit.

Il secondo scenario è quello dell’opportunismo regionalistico: accettando un’AlpTransit azzoppata, di fatto, le gallerie di base del San Gottardo e del Monte Ceneri e la bretella per Varese- Gallarate-Malpensa ci regalano il metro delle agglomerazioni ticinesi e transfrontaliere. Poco importa se gli obiettivi del trasferimento delle merci (soprattutto se non verranno adattati in tempo i profili delle vecchie gallerie) non saranno realizzati; per altri, magari una ragione in più per rivendicare almeno la compensazione del secondo tunnel stradale?

Il terzo scenario implica l’approntamento di una nuova piattaforma strategica di attori e di interessi svizzeri (formalmente già riuniti nel comitato del Gottardo), lombardi (e italiani) ed europei (specie dell’iniziativa delle Alpi) orientati ad una soluzione integrata di politica dei trasporti e della mobilità di medio-lungo termine.

*già consigliere nazionale e già membro della Commissione extraparlamentare di esperti per le nuove trasversali alpine.

Questo articolo è apparso su «laRegioneTicino» del 30. agosto 2011.