Piccolo non sempre è bello. È per lo meno quello che risulta da uno studio presentato ieri di Avenir Suisse, il think tank liberale e vicino all’economia, sull’autonomia comunale (tra illusione e realtà, recita provocatoriamente il titolo).

Il risultato per i difensori a spada tratta del campanile, di qualsiasi dimensione esso sia, è impietoso: «Aggrapparsi a un concetto di autonomia comunale puramente giuridico mina a lungo termine l’indipendenza dei Comuni e mette in pericolo la prossimità dello Stato ai cittadini», questa la prima frase che si può leggere.

Per evitare di svuotare di qualsiasi senso questa istituzione, tanto cara a tutti noi e fondamentale «per il successo del modello svizzero», non esiste che una soluzione, «intensificare le fusioni e democratizzare le collaborazioni intercomunali». Abbarbicarsi invece «a strutture vetuste», come spesso capita, serve invece a poco o nulla. Anzi, rischia di essere controproducente.

Gli è che i problemi si complicano sempre più; di conseguenza lo fanno anche i regolamenti cantonali e federali. Soprattutto però aumentano le esigenze dei cittadini, per cui oggi si assiste a una «progressiva discrepanza tra istituzioni e territorio», dovuta in particolare a una «lenta ma costante erosione» dei compiti dei comuni e alla delega delle loro competenze decisionali a vari enti superiori «nei quali i cittadini hanno meno opportunità di partecipazione democratica». Insomma, se si vuole rispondere in modo appropriato a queste nuove esigenze, i cantoni devono «creare un tessuto di comuni che risponda alle esigenze odierne e future della comunità».

Il che significa, come detto, incentivare le fusioni, ché per Avenir Suisse un fatto è chiaro: «L’adempimento efficiente e professionale» degli odierni compiti comunali «è sempre meno compatibile con la pretesa di continuare a svolgerli attraverso miniunità istituzionali».

Il che non significa, per contro, creare dei megacomuni: la sfida per i cantoni sta appunto nel trovare «il giusto compromesso tra una mania fusionistica e l’aggrapparsi a una pseudo autonomia».

In questo senso il Ticino non è messo male. Lo studio di Avenir Suisse ha in effetti comparato i cantoni, analizzando il loro controllo finanziario, la perequazione intercomunale, le collaborazioni intercomunali e la promozione delle fusioni. Primo della classe è Soletta, che deve questa posizione più che a risultati spettacolari a una «solida performance» in tutte e quattro le categorie. Il nostro Cantone invece risulta essere tra i cantoni più dinamici nelle fusioni, ma perde punti nella perequazione finanziaria, definita «contraddittoria», poiché premia i comuni più piccoli. Situazione praticamente simile nei Grigioni.

Questo articolo è apparso sul "Corriere del Ticino" del 31 marzo 2012.