In Svizzera la formazione professionale duale riveste un notevole significato economico e sociale. Vige infatti un consenso riguardo al fatto che l’apprendistato dia un contributo essenziale alla posizione competitiva del nostro Paese e fornisca un apporto importante per combattere la disoccupazione giovanile.

Tuttavia, con l’evoluzione verso la società dei servizi, il modello di formazione duale è sottoposto a molteplici pressioni e a qualche interrogativo. Le nuove tecnologie per esempio necessitano sempre più di un’economia fondata sul sapere così come delle modifiche dei profili professionali. Le qualifiche si fanno di conseguenza più complesse. In una Svizzera sempre più globalizzata, nelle aziende di una certa dimensione e a vocazione internazionale per esempio, le esigenze di formazioni flessibili e ad “ampio respiro” sono particolarmente sentite.

Il nostro Paese risente di una crescente carenza di personale qualificato in determinati settori (medico, tecnico e in quello dell’insegnamento su tutti), poiché il sistema di formazione è solo parzialmente in grado di far fronte alla domanda del mercato. Per colmare queste lacune si deve quindi fare ricorso in misura importante all’importazione di risorse umane altamente qualificate dall’estero. Oltre a questo, i curricoli in studi in scienze sociali e umanistiche registrano ogni hanno dei record di frequenza a discapito delle scienze tecniche e naturali, un fatto questo, che contribuisce ad accentuare la tendenza della penuria di personale in determinate branche. think tank for economie and social issues

Sempre più «maturi»

Accanto ai mutati bisogni del mercato del lavoro vi è da registrare come il numero delle iscrizioni al liceo, così come la percentuale di detentori di un diploma di maturità, sia aumentato negli ultimi anni. Ebbene, come sappiamo, contrariamente a quanto avviene per la formazione professionale, la scelta degli studi non viene guidata da input diretti del mondo economico. Quali misure devono essere adottate affinché il sistema formativo svizzero possa sfornare un numero di lavoratori qualificati, in grado di soddisfare le esigenze del mercato?

Mentre l’interesse verso la maturità «classica» cresce, la percentuale di diplomi di maturità professionale ristagna al circa 12 percento nonostante la crescita registrata nelle professioni sanitarie e in quelle delle scienze ingegneristiche. La percentuale di detentori di questo titolo che si indirizzano verso le Scuole universitarie professionali (SUP) è limitato a circa la metà degli studenti mentre il numero di allievi ginnasiali che vi affluiscono non ha fatto che aumentare negli ultimi anni. In alcuni cicli di studio per esempio linguistico applicato, sanità, design questo gruppo costituisce addirittura la maggioranza. Appare quindi evidente che un numero importante di maturandi non aspira per forza ad intraprendere degli studi accademici in senso classico, ma esprime invece una chiara propensione per una formazione terziaria più vicina alla pratica. D’altro canto un bachelor universitario non sembra oggi come oggi venire in contro alle aspettative del mercato e dello studente quale titolo di qualifica professionale perché di regola getta le basi (teoriche) per un master.

Uno studio «duale»

Alla luce di questi sviluppi, si dirama all’orizzonte una prima conclusione: la formazione duale dovrebbe essere più saldamente ancorata all’interno delle alte scuole. Così, si potrebbe offrire ai titolari di un diploma di maturità la possibilità di effettuare degli «studi duali». Grazie a questa formazione occorrerebbe stipulare, come nel caso dell’apprendistato classico, un contratto di tirocinio con un’azienda in modo che il curricolo sia assicurato in modo tripartito (scuola, ditta, organizzazioni professionali). Quest’approccio garantirebbe un fondamento chiaro e bilanciato al percorso di studi ed eviterebbe di cadere nella trappola di un’eccessiva specializzazione presente in alcune aziende. Per quanto riguarda invece le SUP, queste sarebbero chiamate a svolgere il ruolo delle scuole professionali, facendosi nuovamente carico dei suoi compiti più tradizionali della formazione. Questi potrebbero essere dispensati a discrezione sottoforma di moduli o, come nel caso del tirocinio, in determinati giorni della settimana. Un simile sistema duale potrebbe essere svolto in tre anni e sfocerebbe in una sorta di “professional bachelor” che verrebbe conseguito in seguito al superamento di un esame finale pratico e teorico.

Una proposta di questo genere ha poco di rivoluzionario. In pratica infatti, gli studenti che seguono un iter “quasi duale” sono già oggi numerosi: basti pensare a quello studente su tre (o forse più?) che coniuga studio e lavoro o a coloro che seguono un programma di formazione organizzato dall’azienda per cui lavorano, come avviene spesso nel settore finanziario. Queste forme di studio duale “informali” risentono tuttavia di una mancanza di coordinamento e spesso di un chiaro obbiettivo formativo.

Avere un impiego in aggiunta ai propri studi risponde oggi in primo luogo ad una necessità finanziaria del singolo e non all’acquisizione di competenze «applicate» in accordo con il proprio studio. Alcune università, come quella di Losanna o Ginevra, propongono oggi alcuni corsi master di accompagnamento all’attività professionale. Offerte analoghe sono disponibili anche in Germania (Baviera o Baden-Württemberg). Le accademie professionali tedesche hanno adottato di fatto il principio della formazione duale per due ragioni: da un lato perché l’industria cerca collaboratori altamente qualificati e orientati alla pratica; dall’altro, perché si stava sollevando il timore di un scollamento tra sistema formativo e mercato del lavoro alimentato anche dal numero sempre più elevato di detentori di un diploma di maturità.

Non sarà necessario, come paventato da alcuni, rendere più selettivo il liceo per non sguarnire di giovani la formazione professionale a seguito delle evoluzioni demografiche pessimistiche. Questo ciclo formativo «pratico» infatti, vivrebbe una seconda giovinezza venendo incontro alle necessità sempre più presenti della società del sapere e dall’altra parte offrirebbe al titolare di una maturità una formazione di alto livello, con un attrattivo equilibrio tra teoria e pratica.

Questo articolo è apparso su «Ticino Business» del 14. febbraio 2011.