In un contesto in cui ogni tipo di tassa è malvisto, l’IVA lo è più di altre, a tal punto da spingere il partito dei Verdi Liberali a lanciare un’iniziativa che richiedeva la sua sostituzione attraverso l’introduzione di una tassa sull’energia. Tale proposta si è avvalsa di pregiudizi che da sempre ruotano attorno all’imposta sul consumo, a cominciare dalla sua presunta ingiustizia sociale. Quest’ultima si manifesterebbe nel carattere regressivo della pressione fiscale, quindi in un carico percentuale elevato per le categorie di popolazione meno abbienti.

In realtà, un’analisi del sondaggio dell’Ufficio Federale di Statistica riguardante il bilancio delle famiglie rivela che le economie domestiche con un reddito fino a 3580 franchi (il decimo della popolazione a reddito più basso) in media versano il 4,8 percento del proprio reddito lordo per l’IVA, nettamente di più rispetto al decimo più benestante (2,4 percento).

Tuttavia queste cifre ingannano. La parte dell’imposta al reddito lordo non rappresenta un buon parametro per misurare il carico effettivo delle famiglie. I redditi più alti mostrano una quota più bassa perché risparmiano di più. In questo modo però essi eludono la tassazione del consumo solo temporaneamente. Presto o tardi anche i risparmi saranno consumati, e quindi soggetti all’IVA. Perciò il carico fiscale dell’IVA va messo in rapporto alle spese di consumo. E qui si profila un’immagine diversa: con il 5,2 percento, il decimo di popolazione più benestante è in proporzione quello che versa il contributo maggiore per l’imposta sul valore aggiunto.

Considerate tutte le famiglie, l’imposizione fiscale attraverso l’IVA oggi ammonta a circa il 4,8 percento delle spese di consumo. L’IVA svizzera risulta quindi «farcita» di eccezioni e aliquote speciali. I beni alimentari per esempio sono tassati secondo un tasso ridotto del 2,5 percento, mentre le spese per l’alloggio – se non si tiene conto della «tassa occulta» (l’IVA che grava sui beni in teoria esentasse) – sfuggono totalmente alla tassazione.

Le svariate aliquote speciali e le eccezioni vengono giustificate perlopiù con motivazioni sociali. Il loro significato tuttavia è assai differente. Come mostra una simulazione di Avenir Suisse, un’IVA sugli affitti andrebbe effettivamente a colpire soprattutto le fasce di reddito più basse, poiché queste spendono una gran parte del loro budget per l’alloggio e quindi approfittano maggiormente del trattamento speciale relativo agli affitti. Praticamente tutta la progressione dell’IVA si lascia ricondurre a questa eccezione.

La tassazione dei beni alimentari al tasso normale dell’8 percento quindi modificherebbe di poco la sostenibilità delle tasse, persino per i meno abbienti. Infatti, attualmente anche le famiglie a basso reddito spendono sempre meno per gli alimenti. L’alleggerimento amministrativo per le PMI e per i lavoratori indipendenti che devono riscuotere l’IVA sarebbe però significativo.

La conclusione è chiara: chi vuole riformare l’imposta sul valore aggiunto senza eliminarla completamente non si deve concentrare sul suo presunto carattere anti-sociale. Un bisogno di riforme esiste in primo luogo a causa della sua complessità, dovuta alle numerose eccezioni.

Questo articolo è apparso nel numero di «Ticino Business» di marzo 2015.