Lo shock che ha scatenato la Banca Nazionale Svizzera (BNS) con l’abolizione del limite minimo per il corso franco-euro avrà inizialmente conseguenze piuttosto negative sia in Svizzera sia all’estero. A medio termine però, come l’esperienza insegna, gli effetti saranno positivi per tutti i settori dell’economia svizzera. Ciò che più preoccupa sono le richieste di sostegno avanzate da economia e partner sociali. Ma se la pressione verso un cambiamento strutturale o l’incremento della produttività derivanti dalla forza del franco venissero attenuati o addirittura eliminati, allora si perderebbe un’occasione importante. Bisognerebbe invece considerare lo shock come un’occasione per attuare riforme mirate ad aumentare la competitività e a diminuire l’influenza statale, gli ostacoli normativi e la burocrazia.

La decisione continuerà a dare adito a discussioni animate per lungo tempo., come ricordano i continui dibattiti in Parlamento. Il momento era quello giusto, non si sarebbe dovuto aspettare? Non vi sarebbero state tappe intermedie meno dolorose, come per esempio una diminuzione del limite minimo o un orientamento a un paniere delle valute? Si potrebbe affermare che il cambio minimo sia stato difeso fino all’ultimo minuto, per poi decidere improvvisamente di liberare il corso della valuta? Era comunque prevedibile che la politica presto o tardi avrebbe abolito il tasso minimo di cambio franco-euro, poiché questa politica sin dall’inizio non era destinata a durare. Solo il timing era incerto.

Il ritorno dall’interventismo è sempre doloroso

E così in generale si è vissuto con la speranza non veramente fondata che la Banca Nazionale continuasse su questa linea per lungo tempo, che non «disturbasse» una situazione divenuta col tempo ormai molto comoda, alla quale ci si è abituati, e non la stravolgesse completamente. Il ritorno da una politica di interventismo a un mondo del libero mercato è sempre doloroso. Questo perché le misure come a suo tempo lo è stata l’introduzione del cambio minimo dovrebbero essere stabilite unicamente in situazioni di bisogno e in modo temporaneo. Sulla lunga durata, la praticità verso cui tali interventi nel mercato spesso conducono non è infatti mai vantaggiosa in termini di competitività di un paese. Inoltre, ad essa è spesso collegata una pressione politica sulle autorità competenti che le induce a mantenere la loro ingerenza nel mercato.

Perciò un aspetto dell’abbandono del legame con l’euro è particolarmente prezioso: il fatto che la direzione della BNS ha dimostrato una grande indipendenza politica con il suo procedimento. Negli anni ‘70 nella politica monetaria si è affermata la consapevolezza che una banca centrale indipendente costituisce il garante migliore per rapporti monetari stabili a lungo termine. Per prendere la sua decisione la BNS non ha avuto bisogno del consenso di altre autorità monetarie, come la BCE o la Fed. Al contrario, come nel 1973, essa ha assunto una sorta di ruolo di pioniera. Ovviamente vi è stato uno scambio di idee, ma fondamentalmente la decisione è stata presa in modo autonomo. La BNS oltretutto non si è nemmeno consultata con il Consiglio Federale, ma l’ha informato della decisione solo poche ore prima della dichiarazione pubblica. È così che dovrebbe essere, e una Consigliera federale non deve credersi autorizzata a menzionare il tasso giusto e accettabile durante un’intervista.

La BNS dimostra indipendenza dall’opinione pubblica

Il comitato direttivo ha dimostrato la sua autonomia innanzitutto nei confronti dell’opinione pubblica. Certamente vi erano esperti che già da lungo tempo avevano abbozzato gli scenari di abbandono e che sostenevano anche la posizione adottata oggi, ovvero che una fine con spavento sia meglio di uno spavento senza fine. Ma la maggior parte dei rappresentanti dei diversi settori e dell’opinione divulgata dai media sostiene che non bisognerebbe attuare un brusco cambiamento del corso della valuta. Nuotare contro corrente in una tale situazione necessita di forza di carattere rispettivamente non solo di indipendenza istituzionale, bensì anche mentale. E bisogna riconoscere che la BNS ha dato prova di possederne.Tuttavia la BNS evidentemente non potrebbe liberarsi da una delle sue «dipendenze» – ovvero quella dal mercato finanziario globale. Essa ha sì acquisito autonomia, poiché non è più costretta a intervenire in modo quasi meccanico sul mercato dei cambi qualora il franco minacciasse di rafforzarsi. Ma più libertà non rende la vita più facile. Perciò il compito della banca centrale è ora molto più complicato di prima: essa ora deve continuamente considerare in base a quali valute sia meglio orientarsi e se sia il caso o meno di stabilizzare il corso della valuta. Anche per la BNS vale: più autonomia significa anche più responsabilità.

Questo articolo è apparso sull'Aargauer Zeitung del 22 gennaio 2015.