Quest’anno due istituzioni centrali della politica svizzera dei consumatori compiono 50 anni – l’Ufficio federale del consumo (UFDC) e la Commissione federale del consumo (CFC). Tuttavia, come constata Samuel Rutz, autore per Avenir Suisse del nuovo «avenir dibattiti», non sono solo queste istituzioni ad essere invecchiate, bensì la politica svizzera dei consumatori nel suo insieme. Se l’immagine del consumatore indifeso è sempre stata una caricatura, nell’odierna società dell’informazione non corrisponde affatto alla realtà. Questo compleanno a cifra tonda è quindi un’occasione per chiedersi se serva ancora una politica dei consumi, e – se sì – con quali modalità.

La tutela dei consumatori comprende la totalità delle misure con cui lo Stato dovrebbe proteggere gli individui nel loro ruolo di consumatori. Questa definizione, che può inizialmente sembrare banale, in realtà è molto estesa: la nozione di tutela si estende oramai a tutti gli ambiti possibili – non solo al settore della salute e della sicurezza dei prodotti. Da tempo la politica si è appropriata del concetto di «benessere dei consumatori», concetto che mantiene un forte impatto sull’opinione pubblica. Ogni anno infatti 60 modifiche legislative sono in media introdotte «in nome dei consumatori».

Come mostra Samuel Rutz nel nuovo numero della collana «avenir dibattiti», queste modifiche di legge non sono in genere rivolte alla tutela dei consumatori. Anzi: spesso portano a una situazione in cui le imprese non possono più rispondere in modo ottimale alle esigenze dei consumatori, fanno aumentare i costi di produzione e creano ostacoli alla concorrenza. Esempi concreti sono il protezionismo del settore agricolo, sensato proteggere i consumatori da beni alimentari stranieri di qualità scadente; i doveri di dichiarazione specifici svizzeri che impongono l’uso di imballaggi più costosi per i prodotti importati (per esempio le avvertenze sulla sicurezza in tre lingue); o ancora gli obblighi d’omologazione per prodotti che possono già essere venduti legalmente all’interno dell’UE. L’attuale politica dei consumatori inoltre ha spesso la tendenza a impartire lezioni. Ne sono prova l’ultimo «monitoraggio del pane», che controlla il contenuto di sale, oppure l’obiettivo prioritario di rendere meno zuccherata la nostra colazione.

Se si considera l’innovazione tecnologica degli ultimi decenni, l’evoluzione della protezione dei consumatori dovrebbe muoversi nella direzione opposta. Grazie alla globalizzazione e alla digitalizzazione, la quantità e qualità delle informazioni a disposizione dei consumatori sono migliorate in modo sostanziale. Internet in particolare ha contribuito a raggiungere un livello di «consumer empowerment» senza precedenti. Pochissimi viaggi vengono prenotati senza prima aver letto in rete le valutazioni di altri turisti. Le applicazioni smartphones permettono di analizzare in modo facile e veloce i codici a barre sui prodotti al supermercato. Nel contesto della politica dei consumatori, l’ipotesi tradizionale del «consumatore male informato», che necessita di protezione, è quindi anacronistica. Questo vale a maggior ragione in considerazione della percentuale crescente di «digital natives» nella popolazione.

La libera concorrenza rimane la migliore forma di protezione dei consumatori. Nella politica dei consumi, «fare di più» vuole dire intervenire meno. Il ruolo dello Stato dovrebbe limitarsi a tutelare e a rafforzare la sovranità dei consumatori. Una riforma delle istituzioni e dei processi di politica dei consumatori richiede processi decisionali ben strutturati e basati su criteri economici per tutti gli interventi considerati in nome dei consumatori. L’esecuzione di tali «controlli regolamentari» dovrebbe essere affidata all’Ufficio federale del consumo (UFDC), la diffusione dei relativi risultati – per esempio sotto forma di raccomandazioni al Consiglio federale – spetta invece alla Commissione federale del consumo (CFC). Allo stesso tempo, per garantire la neutralità del budget per queste riforme si dovrebbero abolire le sovvenzioni versate alle organizzazioni che si occupano della tutela dei consumatori.