Le regioni di montagna svizzere sono economicamente sotto pressione. Il turismo di montagna e l’industria edilizia, due pilastri dell’economia alpina, sono in crisi. Il nuovo studio di Avenir Suisse mostra come rafforzare le catene di creazione di valore e come generarne di nuove. Ciò comprende lo sviluppo di nuovi modelli commerciali, ma anche la mobilizzazione di «risorse esterne», come per esempio il maggior coinvolgimento dei proprietari di residenze secondarie e l’eliminazione di piccole strutture frammentate attraverso fusioni di piccoli comuni nelle valli. Così facendo, ogni regione dovrebbe sviluppare una strategia specifica e una propria identità economica.2016_ad_Berggebiete_Kap-01_Abb-03_IT

Le regioni di montagna svizzere, che rappresentano oltre la metà del territorio nazionale, da tempo si trovano a combattere contro una crescita debole e un esodo di popolazione. Lo testimoniano i ranking di competitività cantonale, in cui i cantoni di montagna occupano sempre le ultime posizioni. A ciò si aggiungono nuove sfide, come il franco forte e l’iniziativa contro le residenze secondarie, che pregiudicano la prosperità nelle Alpi e nell’Arco giurassiano. Il futuro economico delle aree montane tuttavia non è predeterminato dalla loro topografia, bensì si lascia plasmare da condizioni quadro adeguate. Avenir Suisse e Daniel Müller-Jentsch, autore dello studio, presentano idee di riforme e propongono opzioni per rinforzare le catene di creazione di valore e crearne di nuove:

  • L’iniziativa sulle residenze secondarie ha causato un forte calo nella costruzione di nuovi alloggi nelle regioni di montagna. Il grande numero di residenze secondarie già esistenti, tra 350’000 e 400’000, rappresenta però una grande opportunità per una nuova crescita. Modelli locativi innovativi permetterebbero di rilanciare un turismo più durevole. Inoltre, la riqualifica di edifici obsoleti garantirebbe la creazione di valore aggiunto nel settore edilizio.
  • I numerosi proprietari di residenze secondarie rappresentano il potenziale maggiore per queste regioni. Le loro conoscenze e il loro impegno per la comunità nelle regioni di montagna dovrebbero essere sfruttati. I comuni e i cantoni di montagna dovrebbero includerli quale partner, per esempio concedendo loro diritti di partecipazione politica o introducendo la figura del cosiddetto «relationship manager», che avrebbe il compito di gestire le relazioni tra le diverse parti coinvolte.
  • L’innovazione è la chiave per garantire impieghi futuri, investimenti ed entrate fiscali. Promettenti poli regionali di innovazione presenti nei settori dell’industria e della formazione, ma anche in settori tradizionali, potrebbero servire da esempio.
  • Le valli sono gli spazi naturali di azione delle regioni di montagna. Proprio nelle valli è indispensabile unire le forze. Lo studio documenta per la prima volta la tendenza alla creazione delle comunità di valle. Tra il 2000 e il 2015 in Svizzera hanno avuto luogo 43 fusioni di comuni nelle valli, con una media di 5,5 comuni coinvolti.
  • Le regioni periferiche sono spesso particolarmente colpite dai cambiamenti strutturali. La digitalizzazione (per esempio la vendita online di prodotti regionali), una configurazione pragmatica del servizio pubblico o la creazione di parchi regionali che favoriscano il turismo sostenibile rappresentano delle opportunità per gli spazi «poveri di potenziale». Nelle regioni in cui i processi di contrazione sono inarrestabili è necessaria una strategia di «ritiro organizzato».
  • Il riorientamento del turismo è di importanza centrale per le regioni di montagna. I prezzi eccessivi dei prodotti agricoli implicano svantaggi concorrenziali per il settore alberghiero e per la ristorazione. Per questo motivo le barriere protezioniste per i prodotti agricoli dovrebbero essere abbandonate a beneficio delle zone di montagna. Una maggiore promozione di determinate destinazioni, l’abbinamento di diversi prodotti o l’unione di organizzazioni regionali di marketing sono alcune delle misure discusse nello studio.

Numerose iniziative miranti ad affrontare i cambiamenti strutturali nelle zone di montagna sono controproducenti. Infrastrutture prestigiose concentrano le entrate fiscali in settori non produttivi. La discussione in merito alle misure più efficaci per invertire i fenomeni di rallentamento economico è spesso bloccata da tabù politici, e il semplice sovvenzionamento non offre una soluzione a lungo termine. La distribuzione di risorse limitate secondo il principio dell’innaffiatoio non favorisce la crescita.

Alla luce delle sfide attuali, in Svizzera serve un nuovo dibattito sul tema delle regioni di montagna. La Confederazione dovrebbe sostituire la sua politica per le zone di montagna, oggi relativamente vaga, con una chiara strategia operativa. I rappresentanti delle regioni di montagna come la Conferenza dei governi dei cantoni alpini (RKGK) si dovrebbero concentrare maggiormente sulle questioni inerenti ai cambiamenti strutturali. Alla fine, a promuovere il rinnovamento della base economica saranno i comuni di montagna, i loro abitanti e le loro imprese.