Nelle ultime settimane, due società di biotecnologia, la statunitense Moderna e la tedesca BioNtech (quest’ultima in collaborazione con il gigante farmaceutico americano Pfizer) hanno annunciato risultati incoraggianti riguardante l’efficacia dei loro vaccini contro il Covid-19, vaccini attualmente in fase avanzata di sviluppo. Certo, è ancora troppo presto per dichiarare vittoria nella lotta contro la pandemia e per celebrare trionfi, proprio mentre in Svizzera e in altri paesi si registra un numero record di decessi da Covid. Eppure, la storia di questi due vaccini illustra in modo positivo alcuni concetti economici che alle nostre latitudini troppo spesso vengono trattati unicamente in chiave critica.
La globalizzazione dapprima. Questo vaccino ne è per molti versi un esempio particolarmente emblematico: ricerca e sviluppo negli Stati Uniti e in Germania, produzione che avverrà in parte in Svizzera, test clinici per misurarne l’efficacia e valutarne i rischi svolti in mezzo mondo. E la globalizzazione va qui di pari passo con l’immigrazione: I fondatori della BioNtech, Uğur Şahin e Özlem Türeci, sono una coppia di migranti turchi. Il padre di Şahin era un Gastarbeiter, operaio della Ford. E immigrato lo era già il fondatore della Pfizer, Karl Pfizer, che – quasi due secoli fa – aveva lasciato il Baden-Württenberg per Brooklyn.
Il successo del vaccino è però anche quello dei mercati, e più particolarmente del «venture capital», l’apporto di capitale per finanziare l’avvio di attività in settori ad alto potenziale – ma anche ad alto rischio. Sia BioNTech che Moderna puntavano da oramai un decennio su una tecnologia genetica che a lungo ha suscitato speranze enormi, ma che finora si era scontrata con ostacoli biologici insormontabili. Tanto che dalla sua fondazione, avvenuta nel 2010, a oggi Moderna non ha commercializzato un solo prodotto, accumulando perdite pari a un miliardo e mezzo di dollari.
Ciononostante, al momento dell’entrata in borsa, avvenuta nel 2018, Moderna era stata valutata a ben 7,5 miliardi di dollari. Ciò aveva portati alcuni critici del «venture capital» – tra i quali troviamo anche l’influente economista Mariana Mazzucato – a farne un ennesimo simbolo degli eccessi del capitalismo. Oggi invece il lungo fiato degli investitori si rivela lungimirante e la loro pazienza giustamente ripagata. Se davvero il mercato dei capitali fosse orientato verso guadagni a corto termine, il settore delle biotecnologie non esisterebbe nemmeno.
Questo podcast è stato pubblicato il 23.11.2020 nel programma Plusvalore su RSI Rete Due.