Nella pubblicazione «Un secondo pilastro in bilico», Avenir Suisse mostra che il tasso di conversione attuale della provvidenza professionale è troppo elevato. Per questo motivo, fra 600 milioni e 1,5 miliardi di franchi vengono ridistribuititi ogni anno fra la generazione attiva e coloro che beneficiano di rendite.

Un tasso di conversione «giusto» che eviti la ridistribuzione fra le generazioni è difficile da trovare. Il calcolo deve comunque considerare una speranza di vita realistica e un altrettanto realistico interesse tecnico. Secondo le stime di Avenir Suisse, il tasso di conversione sostenibile a lungo termine dovrebbe situarsi fra il 5,5 e il 6,2%, ben inferiore al livello attuale del 6,8%.

Per mantenere il livello di rendite attuale, l’abbassamento del tasso di conversione obbliga ad accumulare risparmi più elevati al momento del pensionamento. Vi sono due  modi per raggiungere questo obiettivo:

  • Maggiori contributi salariali
  • Un aumento della durata dei contributi, ad esempio iniziando all’età di 18 anni (come già avviene per l’AVS), al posto degli attuali 25, oppure con un aumento dell’età pensionabile.

Secondo pilastro: il costo di un tasso di conversione inferiore

Se si vuole compensare completamente le perdite delle rendite di pensione derivanti da un abbassamento del tasso di conversione al livello proposto da Avenir Suisse, gli assicurati dovranno risparmiare fino al 20% in più (vedi tabella).

Chi è oggi all’inizio della vita lavorativa può finanziare questi risparmi attraverso un aumento dei contributi sui salari. Con un tasso di conversione del 5,6% questo finanziamento aggiuntivo richiederebbe contributi supplementari pari al 2,7% dei salari assicurati. Per una persona di 60 anni invece, questi «costi» ammonterebbero addirittura al 21,4% del salario. Rispetto agli attuali contributi salariali per la LPP del 12,5% tali manovre sono costose, e misure di accompagnamento sono vitali per la generazione di transizione.

Posti di fronte alla domanda se ridurre o meno le rendite del secondo pilastro, la maggioranza dei cittadini ha respinto nel 2010 l’abbassamento del tasso di conversione inferiore. La domanda è stata mal posta: chi mai sceglierebbe liberamente di diminuire le proprie rendite? Un voto futuro dovrà porre le domande giuste: ad esempio se si o non disposti a rinunciare al 2,7% del proprio reddito per ricevere in seguito una pensione pari al 60% dell’ultimo stipendio lordo.

La necessità di ridurre il tasso di conversione è un dato di fatto. La strada per la riforma rimane irta di ostacoli. La soluzione a questo problema è anche una questione di onestà nei confronti le giovani generazioni.