Maurizio Agustoni, presidente dell’Associazione Società Civile della Svizzera Italiana, Alberto Mingardi, direttore generale dell’istituto Bruno Leoni e Marco Salvi, capo progetto e membro dei quadri di Avenir Suisse hanno fatto da corona alla lezione che Deirdre N. McCloskey ha tenuto il 25 settembre presso l’Università della Svizzera Italiana. Il tema? «Le virtù etiche in un mondo borghese». Deirdre McCloskey insegna economia, storia e comunicazione all’università di Chicago e storia economica a Göteborg. Al suo attivo ha più di 16 libri e oltre 400 articoli scientifici e fa parte della scuola di Chicago.
Ci si poteva dunque attendere una teorizzazione delle virtù capitalistiche in senso magari predatorio: «prendere avere e conservare sono le virtù da imparare», come si direbbe. In realtà la lezione è stata di tutt’altra levatura. Perché anche Adam Smith non ha mai sostenuto nulla di simile e le virtù del capitalismo vanno ben oltre l’accumulazione con cui lo dipingiamo. Le virtù borghesi come giustizia, coraggio, temperanza e prudenza (le virtù cardinali) sono sempre esistite e teorizzate anche in campi più antichi.
Si sono poi mischiate alle virtù teologali quali quelle descritte da San Paolo: fede, speranza e carità, virtù da reinterpretare nell’attuale desecolarizzazione, ma c’è bisogno di «reintegrare» gli dei e cercare di capire cosa c’è dietro le parole. Pure la «grande ricchezza» parafrasando il film di Sorrentino, non nasce con l’accumulazione capitalistica. Nasce con il mondo delle idee. Qui scocca la scintilla. Se ricordate 2001 Odissea nello spazio: l’evoluzione vera è nella mente.
Rivoluzione industriale
Nessuna rivoluzione è stata così drammaticamente rivoluzionaria come quella industriale. Ma la stessa parola di «capitalismo» centra l’attenzione sull’accumulazione mentre l’esplosione della ricchezza nasce con la moltiplicazione delle idee. Sono idee di natura tecnica, non meno che istituzionali. Questi investimenti sono profittevoli. Grazie all’idea del telefono o delle ferrovie diventa possibile investire sulle compagnie. Il capitale è certo necessario, così come sono necessarie le istituzioni.
Ma non sono questi ultimi gli elementi che hanno permesso il boom. Le buone norme ci sono state in molte società. Quello che fa scattare il meccanismo è la libertà in senso liberale che si traduce nella massima forma di razionalità secondo il principio dell’utilità, ma combinandola con la dignità che è un concetto sociale. Gli economisti sono utilitaristi, ma bisogna considerare anche se ciò sia un atto «giusto».
Gli economisti guardano spesso solo alla virtù della «prudenza» e della massimizzazione, come se tutti fossimo macchine e robot. Ma pensare solo alla prudenza è lesivo di una visione complessiva. Per questo bisogna tener conto di tutte le virtù. Tutte devono essere presenti. Non si può essere un buon imprenditore se si segue solo la strada degli economisti o si è solo prudenti.
A ogni imprenditore serve la speranza, cioè l’avere una visione del futuro. Ma occorre anche il coraggio, altrimenti non ci si alza dal letto la mattina, ha riassunto Alberto Mingardi sul pensiero di Deirdre McCloskey. Ci sono virtù che hanno a che fare con sé (essere manager di se stessi), altre hanno a che fare col prossimo. Occorre una «fede» sapendo da dove veniamo e dove vogliamo arrivare. Occorre infine l’amore. Che non è solo a due. È amore per la vita, per la scienza, per la natura. Ci sono virtù trascendenti (e anche idee distruttive). Ma così funziona l’uomo.
Questo articolo è apparso nell'edizione del 26 settembre del «Giornale del Popolo». Per gentile concessione del «Giornale del Popolo».