Il liberalismo? È portatore di valori morali irrinunciabili – libertà, responsabilità, libera iniziativa e proprietà individuale – profondamente radicati nella civiltà occidentale, che la crisi finanziaria mondiale rischia di offuscare a gran danno degli individui e della società. Se vuole continuare a svolgere il ruolo essenziale che ha svolto fin qui, il liberalismo deve da un lato prendere le distanze da chi in questa crisi ha agito non rispettando le regole e le leggi, dall’altro rendendo ragione dell’insieme dei valori morali condivisi su cui si regge.

Questa la tesi che hanno sviluppato con coerenza ieri sera a Pregassona Marina Masoni e Gerhard Schwarz, direttore del Think Tank Avenir Suisse, prendendo le mosse dal libro «Il valore dei valori». Introdotto e moderato da Moreno Bernasconi, il dibattito – organizzato da Avenir Suisse in collaborazione con i circolo liberale di cultura Carlo Battaglini -ha coinvolto un pubblico numeroso suscitando domande di stretta attualità e di vasta portata.

«La libertà in quanto valore morale contiene in sé il bene della responsabilità – ha detto Marina Masoni -. Non può esservi etica della libertà se quest’ultima divorzia dalla responsabilità». Quando si fa il processo alla libertà a causa della crisi finanziaria e delle sue conseguenze nefaste ci si sbaglia – ha aggiunto-. La libertà è innocente: è l’utilizzo improprio della libertà senza responsabilità ad aver causato la disaffezione e la delegittimazione delle politiche del «meno Stato e più libertà» cui assistiamo.

Ma dallo scoppio dello scandalo Enron in poi, passando dalla crisi dei Subprime, va detto che l’affarismo e le truffe ben poco hanno a che spartire con il sistema liberale. L’affarismo lucra e cresce nella commistione di interessi tra pubblico e privato (come dimostra il ruolo del Governo americano nello scoppio della crisi dei subprime) alleandosi di volta in volta sia con gli statalisti che coni liberisti. Il problema non è quindi la libertà o il liberalismo, ma il non rispetto delle regole o delle leggio l’esercizio della libertà senza responsabilità. Purtroppo chi ha sgarrato (o ha approfittato del too big to fail) non ha subito in troppi casi la sanzione che meritava, vale a dire il fallimento. Ad andarci dimezzo, purtroppo ha detto Masoni – è ancora una volta la libertà che diventa un bene espropriato all’individuo per diventare un bene gestito dalla tutela dello Stato.

Gerhard Schwarz ha rilevato come ormai il desiderio di sicurezza e la perdita di fiducia nel sistema liberale e nelle sue dite rafforzano il richiamo aduno Stato interventista. Di fronte a questo fatto, il liberalismo, carico divalori – ma freddi e razionali – e fondato su regole condivise, sul pragmatismo più che su dogmi rassicuranti, rischia di non far presa su larghe fasce della popolazione. Ma anche se minoritario, il suo contributo è decisivo. Per Schwarz una società che vuole continuare ad essere liberale necessita divalori condivisi che il solo mercato non può produrre. Valori condivisi che impediscono che sia lo Stato a imporre – con la forza della costrizione – le proprie.

Ma che valori etici sono, quelli che vengono imposti e che non sono scelti liberamente? Schwarz ha tentato un decalogo del liberalismo: libertà e dignità degli esseri umani, responsabilità individuale, proprietà privata individuale, umanesimo sociale, centalità della famiglia, limiti morali, ricerca della conoscenza, spiritualità, prospettiva temporale sostenibile. Una sintesi che riecheggia, come si vede, molto di più di tre secoli di storia, ma abbraccia valori che affondano le proprie radici nello sviluppo della civiltà occidentale, a cominciare dalle prime contese fra l’idealista Platone e il realista Aristotele.

Questo articolo è apparso nel «Corriere del Ticino» del 16 febbraio 2012.