10 anni: passato il periodo dell’infanzia Avenir Suisse si appresta ora ad entrare in quello dell’adolescenza. In questo decennio i membri del team si sono sentiti spesso ripetere frasi come «se Avenir Suisse non esistesse bisognerebbe inventarlo» oppure «non sono per niente d’accordo con Avenir Suisse ma grazie a voi si apre sempre una discussione». Insomma, il bambino era stato ben desiderato!
Ma com’è nata l’idea di un think tank di stampo anglosassone che stimoli il dibattito di fondo sulla politica economica?
Lasciati alle spalle gli anni Novanta con il loro ristagno economico condito da globalizzazione, crack immobiliari, crisi bancarie, il no allo SEE e il dibattito sull’oro nazista, l’allora Direttore finanziario di Nestlé Mario Corti, ha riunito intorno ad un tavolo i capitani delle 14 più grandi aziende svizzere che hanno dato vita alla “startup” Avenir Suisse. Per portare al successo un’istituzione simile occorreva però trovare un condottiero carismatico: tra le diverse candidature arrivò quella del sociologo, ex sessantottino Thomas Held che diventò nel 2000 Direttore di Avenir Suisse. Per chi aveva il compito di scartabellare i vari curriculum vitae di primo acchito non proprio la persona che ci si aspettava… comunque la sfida ha avuto inizio ed è continuata con successo fino al passaggio del testimone al Vice-caporedattore della Neue Zürcher Zeitung Gerhard Schwarz, avvenuto a fine del 2010.
Oggi Avenir Suisse conta oltre 100 finanziatori: aziende e privati di tutte le regioni e i settori, tra cui anche molte PMI, ciò mostra quanto il think tank sia radicato nel territorio. Grazie alla sua indipendenza dagli sponsor è capitato che abbia pestato qualche piede: l’esempio più eclatante è stata forse la pubblicazione del discussion paper sulle importazioni parallele del 2008 che ha avuto un piccolo effetto-bomba sulle allora ditte sostenitrici Roche e Novartis.
A livello contenutistico risulta comunque complesso ricordare in due parole tutti i temi che Avenir Suisse ha affrontato in 10 anni, quello che è certo è che il think tank è diventato un marchio grazie ai numerosi studi che hanno saputo stimolare il dibattito a livello nazionale, evidenziare problemi e sollevare tematiche nuove.
«Avenir Suisse ha risonanza ed è riuscita a fare dell’agenda setting» ha ricordato il suo Presidente Rolf Soiron durante la festa del giubileo. Un’analisi interna dimostra che il think tank non ha acquisito solo notorietà, ma ha anche potenziato la sua efficacia, e questo in vari ambiti che cercheremo di riassumere in qualche riga:
Invecchiamento demografico: già in uno dei suoi primi studi del 2001 Avenir Suisse ha elaborato, in concorrenza con l’UST, diversi scenari di sviluppo demografico, portando così l’opinione pubblica a riconoscere per la prima volta il problema dell’invecchiamento degli svizzeri. Quattro anni dopo proprio l’UST ha adottato di fatto lo scenario centrale di Avenir Suisse. Lo studio sull’AVS «Die AHV – Eine Vorsorge mit Alterungsblindheit» del 2009, che proponeva un aumento graduale dell’età di pensionamento in parallelo all’accresciuta speranza di vita, ha suscitato reazioni critiche nei media, ma nessuno ha più potuto accantonare il problema. Nel 2010 il PLR ha proposto inoltre un freno all’indebitamento anche per l’AVS.
Incentivi errati nello Stato sociale: Gli studi «Die IV – eine Krankengeschichte» del 2007 e «Ergänzungsleistungen» del 2009 mostrano come l’integrazione nel mercato del lavoro sia difficoltosa e sia l’apparato statale stesso a creare sempre più casi sociali. Gli esiti dello studio sull’AI sono confluiti nella 6. revisione dell’AI, di stretta attualità. Nel caso delle prestazioni complementari, in un postulato il Consigliere nazionale PPD Reto Wehrli ha inoltre chiesto delle riforme facendo riferimento allo studio di Avenir Suisse.
Una crescita debole: Il primo grande libro, «Der Alleingang» del 2002, descrive la situazione della Svizzera a dieci anni dal no allo SEE, analizzando i motivi del “decennio perduto” e coniando il concetto di «isola dei prezzi elevati», da allora impostosi pubblicamente. Con altre pubblicazioni – «Wohlstand ohne Wachstum» 2004, «Diagnose Wachstumsschwäch» 2005, «Teure Grenzen» 2006, «Aufschwung als Reformchance» 2007 – Avenir Suisse è diventata una voce di riferimento, rafforzando le forze riformiste all’interno del Dipartimento dell’economia. Il volume «Der befreite Bauer» del 2006, che ha suscitato accesi dibattiti in tutto il Paese, descrive il modo in cui la Svizzera isola e vizia i suoi settori più deboli. La Commissione competente del Consiglio degli Stati ha chiesto un rapporto sull’ulteriore sviluppo del sistema dei pagamenti diretti; le discussioni iniziatesi nel 2007 evidenziano resistenze politiche importanti a un’ulteriore liberalizzazione.
«Stadtland Schweiz»: già nella prima pubblicazione del 2001 si accennava al «prezzo del federalismo», ma è stato soprattutto lo studio «Baustelle Föderalismus» del 2005 a stimolare un dibattito di portata nazionale, rendendo i collaboratori di Avenir Suisse ospiti non grati nelle «macchie bianche», ossia nelle zone del Paese che per mancanza di flussi di pendolari erano rimaste vuote sulla carta delle aree metropolitane. In risposta al think tank, il PS presentò un paper di politica regionale e il Consigliere nazionale grigionese Hansjörg Hassler (allora UDC) chiese con un’interpellanza al Consiglio federale quale fosse la sua posizione riguardo allo studio. Il concetto di «Stadtland Schweiz», titolo di uno studio del 2003, è entrato così nel dibattito pubblico, e la pubblicazione «Le feu au Lac» del 2006, che proponeva una cooperazione tra Losanna e Ginevra, è ancora oggi un tema attuale in Svizzera Romanda.
La nuova immigrazione: La Svizzera deve il superamento della debolezza congiunturale all’immigrazione di manodopera altamente qualificata dall’UE con l’avvento della libera circolazione. Questa conclusione è stata esposta per la prima volta nel 2008 nel volume «Die neue Zuwanderung» e l’apporto dell’importazione di capitale umano qualificato è più che mai d’attualità nei nostri media.
Il rapporto Svizzera-UE: nel 2010 è stato pubblicato il volume «Souveränität im Härtetest» che ha avuto una forte eco nei media. Grazie agli input di diversi autori si è giunti alla conclusione che se la Svizzera vuole mantenere la sua sovranità, così come il suo livello di ricchezza, libertà e sicurezza necessita di una politica europea previdente magari valutando a lungo termine una riproposta dello Spazio Economico Europeo (SEE) o una verifica accurata di una possibile entrata nell’EU mantenendo però il franco svizzero. La coda polemica scaturita da questa pubblicazione non è stata indifferente, così come le riflessioni profonde dei nostri politici.
Il “bambino” Avenir Suisse è quindi diventato ciò che volevano i suoi fondatori: una «voce autorevole nel dibattito sulla politica economica e sociale». E ora si tratterà di affrontare con vigore la fase adolescenziale in scenari politico-economici mutati rispetto a quelli di 10 anni fa.
Questo articolo è apparso su «Ticino Business» del 23. luglio 2011.