Ciò che mangiamo assume una connotazione sempre più politica. In nome della prevenzione e promozione della salute le autorità cercano di limitare il consumo di generi alimentari e voluttuari ritenuti dannosi in ragione del loro contenuto di zucchero, sale, grasso, ma anche i prodotti trasformati e ovviamente il tabacco e l’alcol. All’estero la tendenza è chiaramente in atto: in oltre quaranta Paesi è già stata introdotta una tassa sulle bevande zuccherate e in più della metà di essi ciò è avvenuto nel corso degli ultimi sette anni. Anche in Svizzera, e in particolare in Romandia, sono numerose le iniziative che puntano ad incrementare le regolamentazioni sia a livello cantonale che federale.

Regolamentazioni statali malsane

La nuova ondata di regolamentazioni statali va analizzata con occhio critico: se è vero che in Svizzera le malattie non trasmissibili sono la causa di due terzi dei decessi, è altrettanto chiaro che nel nostro Paese la popolazione non deve temere lo scoppio di un’«epidemia di abitudini di vita e di consumo malsane». Negli ultimi trent’anni il ricorso a tabacco, alcol e zucchero è diminuito (rispettivamente di -0,4%, -0,7% e -0,9% all’anno). Sono in calo anche i prodotti ad alto contenuto di sale e grassi come la carne rossa e i latticini, mentre si registra un leggero aumento del consumo di formaggi e un netto incremento della domanda di oli e grassi vegetali. Una regolamentazione generalizzata di tutti i generi alimentari e voluttuari per la popolazione nel suo insieme non sarebbe pertanto giustificata.

Tre campi d’azione

Come mostrano diversi studi empirici, gl’interventi statali volti a limitare il consumo di generi voluttuari mancano spesso l’obiettivo. Nella loro pubblicazione, Diego Taboada e Jérôme Cosandey mettono a confronto numerosi esempi di regolamentazioni statali da un lato e approcci imprenditoriali dall’altro. Ne concludono che il ruolo delle aziende nella risoluzione dei problemi non viene tenuto in debita considerazione, visto che nelle questioni di salute pubblica il settore privato è parte della soluzione, non del problema. Avenir Suisse propone di intervenire su tre fronti per contrastare le malattie non trasmissibili.

  1. In ambito di salute pubblica occorre conferire un ruolo più attivo al settore privato: a differenza dello Stato l’industria alimentare sa reagire con rapidità ed efficienza grazie alla sua flessibilità e alla conoscenza delle abitudini dei consumatori. Si rivelano efficaci i label, gli impegni pubblici assunti volontariamente e gli accordi settoriali con obiettivi quantificabili e comunicati con trasparenza. Le esperienze raccolte ad esempio con la Dichiarazione di Milano, a seguito della quale il tenore di zucchero nei cereali ha potuto essere ridotto del 13% tra il 2016 e il 2018 grazie all’adattamento delle ricette e allo sviluppo di nuovi prodotti, lasciano ben sperare e vanno nella giusta direzione.
  2. Rinunciare alle tasse sulle derrate alimentari: questo tipo di tasse ha carattere regressivo e grava particolarmente sulle famiglie a basso reddito. In aggiunta sono inefficaci perché toccano tutti, anche coloro che denotano un consumo moderato. Una loro introduzione genera inoltre lungaggini burocratiche sia per la definizione dei prodotti da considerare sia per l’attuazione della nuova regolamentazione.
  3. Venire a capo dell’incoerenza insita nella politica economica e sanitaria dello Stato: la Confederazione finanzia le campagne di prevenzione e al tempo stesso sovvenziona la produzione e distribuzione di alimenti malsani come lo zucchero, il sale, l’olio, il formaggio, l’alcol o il tabacco con centinaia di milioni di franchi. Il finanziamento stesso dell’AVS è strettamente legato al consumo di prodotti «malsani» con un’iniezione di circa tre miliardi di franchi all’anno provenienti dalla decima sull’alcol, dall’imposta sul tabacco e da quella sulle case da gioco. Anziché aumentare il raggio d’azione dello Stato nella lotta alle malattie non trasmissibili sarebbe più opportuno risolvere queste incoerenze a tutto vantaggio della credibilità della politica.