I tassi d’interesse nominali negativi rappresentano una novità nella politica monetaria internazionale. A causa della mancanza di esempi è difficile stimarne i relativi rischi. Finora gli effetti negativi della politica monetaria ultra espansiva sono rimasti limitati per la Svizzera. Le assicurazioni sociali non sono però preparate a far fronte ad un contesto di tassi d’interesse estremamente bassi. La necessità di intervenire nella previdenza per la vecchiaia è evidente soprattutto per quanto riguarda la depoliticizzazione dell’aliquota di conversione LPP e del tasso d’interesse minimo, così come per un allentamento della garanzia nominale delle rendite di vecchiaia. Nonostante le possibilità di indebitamento siano favorevoli per lo Stato, è nell’interesse delle generazioni future mantenere il freno all’indebitamento e il denaro contante, che nel mondo digitalizzato resta un importante garante della libertà individuale e un contropotere alla politica monetaria.
La crisi finanziaria internazionale ha provocato un cambiamento radicale nella politica monetaria. Solo fino a pochi anni fa sarebbe stato inconcepibile che i tassi di riferimento della banca di emissione scendessero sotto lo zero. Tuttavia molte banche di emissione, tra cui anche la Banca Nazionale Svizzera (BNS), hanno preso questa decisione nel quadro della loro «politica monetaria espansiva». In un animato dibattito internazionale, i tassi d’interesse negativi vengono promossi come elemento costitutivo di una nuova ondata della «repressione finanziaria», in cui le istituzioni statali dovrebbero reindirizzare i finanziamenti per ridurre i propri debiti e per incentivare l’inflazione. Fino ad oggi in Svizzera non si è osservato questo effetto. Tuttavia in passato il nostro Paese è già stato confrontato con tassi d’interesse reali negativi (ovvero quando il tasso d’interesse nominale è inferiore al tasso d’inflazione). Questi risultano quando gli attori economici si sbagliano per quanto riguarda le loro aspettative in merito ai tassi d’interesse e all’inflazione.
Il nuovo «avenir dibattiti» di Alois Bischofberger e Rudolf Walser tratta tali questioni, e analizza le diverse opzioni di intervento di cui la politica dispone in un mondo di bassi tassi d’interesse.
Innanzitutto la buona notizia: la Svizzera ha superato relativamente indenne la crisi finanziaria, e anche le conseguenze negative della politica monetaria espansiva sono limitate. Non è ancora possibile parlare di un’espropriazione dei risparmiatori. Con il 35,4% del prodotto interno lordo (PIL), l’indebitamento statale è relativamente basso e l’attivo netto delle economie domestiche private è aumentato da 2450 miliardi nel 2008 a 3335 miliardi di franchi – ciò grazie all’evoluzione positiva dei mercati azionari e immobiliari. Anche gli inquilini ne hanno approfittato, poiché la tendenza al rialzo degli affitti attuali è stata interrotta grazie ai tassi ipotecari storicamente bassi. Allo stesso modo il denaro a buon mercato non ha causato il temuto boom del consumo, che avrebbe comportato ulteriori squilibri.
Urge intervenire su diversi fronti
Tuttavia vi è motivo di preoccuparsi per il futuro della politica monetaria: non è infatti possibile prevedere la fine della fase dei tassi d’interesse bassi, e i rischi economici aumentano a causa degli incentivi distorti. Il margine di manovra della BNS rimane limitato; de facto essa è prigioniera della politica della BCE. In questa situazione è ancora più importante utilizzare tutti i restanti margini di manovra per limitare i rischi:
- In seno alle casse pensioni, la ridistribuzione a carico degli assicurati attivi è già una realtà ed è rafforzata dalla politica dei tassi d’interesse estremamente bassi. Per rispettare l’equità intergenerazionale si impone innanzitutto la depoliticizzazione dell’aliquota di conversione LPP e del tasso minimo d’interesse. Anche la garanzia nominale delle rendite di vecchiaia in un ambiente di inflazione negativa diventerà un problema. È di importanza primaria attuare una distribuzione equa dei rischi tra attivi e pensionati. Si tratta infatti di un problema sostanziale, poiché non meno del 41,3% dei risparmi delle economie domestiche svizzere è impiegato nelle casse di previdenza.
- Le condizioni di finanziamento favorevoli non dovrebbero aprire le porte a un aumento del debito statale (per esempio attraverso un fondo di Stato). Anche questo rappresenterebbe un carico ingiustificato per le generazioni future.
- Nel mondo digitalizzato, il contante è attualmente sotto pressione in molti paesi. La Svizzera dovrebbe resistere a tutti i tentativi di limitazione dei movimenti di denaro contante. Quest’ultimo non è solo l’espressione della libertà individuale, bensì è anche una protezione efficace dalla «repressione finanziaria». Infine, l’eliminazione o la limitazione del denaro contante non permetterebbero di risolvere il problema del lavoro nero, né quello dell’evasione fiscale e nemmeno quello della criminalità nel mondo.