Dall’introduzione della previdenza professionale obbligatoria nel 1985, il contesto socioeconomico ha subito forti cambiamenti. Una società individualistica, l’invecchiamento della popolazione e bassi rendimenti sul mercato dei capitali rappresentano sfide importanti per la previdenza sociale. Le basi legali faticano a star dietro a tali evoluzioni. Nell’ultimo libro di Avenir Suisse – il think tank ‘indipendente, ma non neutrale’ secondo il suo motto – presentato giovedì a Zurigo, gli autori caldeggiano una riforma di ampia portata che conferisca un maggiore margine di manovra ai lavoratori, garantisca un finanziamento sostenibile degli istituti di previdenza e permetta una semplificazione normativa.

La Legge federale sulla previdenza professionale (Lpp) è stata varata circa trent’anni fa. «Da allora – spiega Jérôme Cosandey, uno degli autori del libro -, le premesse che hanno portato all’introduzione di questa legge sono radicalmente cambiate. È pertanto necessario dare un nuovo volto alla previdenza professionale. Eppure, questa riforma è oggetto di ostruzionismo: nonostante le numerose proposte sul tappeto, le obiezioni sembrano non avere fine, bloccando così le necessarie riforme». Nel loro libro, gli autori intendono sfatare miti e presentare proposte di riforma imperniate su tre principi:

1. Gli assicurati devono essere trattati come cittadini responsabili. «Rispetto agli anni 1980, la società odierna è caratterizzata da una mobilità maggiore e da un individualismo più marcato. Gli assicurati dovrebbero quindi avere la libertà di decidere quale strategia di investimento adottare non solo nel regime sovraobbligatorio e, a medio termine, a quale istituto di previdenza affiliarsi», spiega Cosandey.

2. Il finanziamento della previdenza professionale deve rispettare il sistema e il principio dell’equità generazionale. «Parametri tecnici, come il tasso d’interesse minimo e l’aliquota di conversione, dipendono unicamente dalla speranza di vita e dal rendimento previsto sul mercato dei capitali, due fattori che non ricadono nel raggio d’influenza della politica. Un’aliquota di conversione regolata per legge non riesce a tenere il passo con la realtà, portando così a rendite troppo elevate e a ridistribuzioni annue tra 600 milioni e 1’500 milioni di franchi che danneggiano il sistema», afferma ancora il ricercatore di Avenir Suisse. Di conseguenza, l’aliquota di conversione non dovrebbe essere stabilita dalla politica, bensì dal Consiglio di fondazione dell’istituto di previdenza.

3. Il secondo pilastro deve diventare più efficiente. «Piuttosto che definire minuziosamente le prestazioni, la legge dovrebbe stabilire un contributo minimo e ridurre il più possibile gli oneri potenziali per gli enti pubblici. Infine, un sistema di vigilanza centralizzato e l’abolizione del trattamento speciale nei confronti delle casse di diritto pubblico dovrebbero garantire parità di condizioni per tutti gli istituti di previdenza», conclude Jérôme Cosandey.

L’intervista

Jérôme Cosandey: «Le proposte che facciamo sono già esistenti in altri sistemi pensionistici»

Jérôme Cosandey è ricercatore e uno degli autori del libro «Diamo un nuovo volto alla previdenza per la vecchiaia – Proposte di riforma per il secondo pilastro» edito da Avenir Suisse. A lui abbiamo posto alcune domande sul futuro della previdenza professionale.

Lei crede che le proposte die Avenir Suisse saranno recepite dal mondo politico e sindacale?

Cosandey: Per prima cosa permetto che la maggior parte delle nostre proposte si ispira a delle soluzioni già esistenti in altri Paesi. La libera scelta della strategia d’investimento, per esempio, è già possibile in Gran Bretagna e Svezia. La cassa pensioni è possibile sceglierla in Australia e Cile, mentre l’aggiustamento automatico dell’età di pensionamento è realtà in Danimarca. La delega al Consiglio di fondazione di fissare il tasso di conversione esiste nel Liechtenstein. Inoltre, non proponiamo una sola soluzione, ma un pacchetto di riforme che comprendono fattori chiave per trovare una maggioranza (per esempio scambiare una diminuzione del tasso di conversione con una diminuzione o abolizione del cosiddetto montante di coordinazione. Infine non proponiamo una riforma «visionaria» a lungo termine, politicamente più difficile da realizzare, ma anche una riforma a breve termine che troverà più facilmente una maggioranza sociale. L’importante è comunque indirizzare il sistema della Lpp nella giusta direzione per la sostenibilità.

Permettere di scegliere il tasso di conversione ai Consigli di fondazione, non crea delle disparità di trattamento tra gli assicurati?

Sì e no. I tassi di conversione potrebbero essere diversi da una cassa all’altra. Già oggi i differenti istituti di previdenza applicano prestazioni diverse, ma soltanto al rialzo: tassi di conversione più alti ed età di pensionamento più bassa. Il legislatore parte dal principio che le casse faranno solo delle promesse che potranno mantenere. Noi vogliamo eliminare questa asimmetria nel caso in cui la struttura della cassa non lo permette (troppi pensionati a fronte degli attivi).

La possibilità di scegliere la strategia d’investimento non è per tutti. Molti lavoratori non s’intendono di mercati finanziari.

Infatti noi proponiamo di mantenere un salario minimo (83mila) al disotto del quale questa libertà non c’è. Parliamo comunque di possibilità e nom di obbligo di scelta.

 Questo articolo e questa intervista sono apparsi su «laRegioneTicino»
 del 29 settembre 2012.