La concordanza non è morta, ma di certo è in affanno (polarizzazione, smembramento dei partiti). Tre proposte provocatorie ma non troppo per rivitalizzarla.
Di concordanza si continua a parlare, e molto: spesso per dire che è morta, magari proprio per tenerla in vita. O forse, come notava la consigliera di Stato urana Heidi Zgraggen citata dalla NZZ, più se ne parla, meno la si vive. Il rafforzam ento dell’UDC, l’affanno dei partiti borghesi tradizionali come PLR e PPD, sono tra le cause della crescente polarizzazione ma anche parcellizzazione con l’emersione di Verdi liberali e PBD dello spettro politico. Tutti fattori che provocano il sistema governativo svizzero, il quale finisce per ritrovarsi stretto in abiti forse non più conformi. Vi è qualche sintomo: la destituzione di Blocher che sarà forse ricucita a dicembre ma che non è stata priva di strascichi; o i vari progetti falliti all’ultimo voto per l’alleanza «contro natura» tra UDC e sinistra, dall’ultima revisione dell’AVS al diritto di locazione.
Il dibattito si è arricchito in questi giorni del contributo di Avenir Suisse. Il «think thank» per questioni sociali ed economiche ha commissionato uno studio allo zurighese Michael Hermann, specialista in geografia politica, il quale riconosce l’affievolirsi della cultura del consenso ma boccia l’ipotesi di un cambio di regime, ovvero il passaggio a una democrazia concorrenziale. La concordanza rimane un modello di successo, scrive. La Svizzera vanta un livello di fiducia nel Governo tra i più alti di Europa, e si è rivelata particolarmente ben resistente alla crisi economica; ha saputo dotarsi per tempo e senza scalpore, nel 2003, di uno strumento efficace come il freno all’indebitam ento. Il nostro sistema va però rinnovato: tre idee nei box a lato.
Voto di fiducia per i ministri
Nel 19° secolo i consiglieri federali in carica comparivano nelle liste cantonali per il Nazionale (la cosiddetta «Komplimentwahl»). Michael Hermann propone ora di introdurre, al momento delle elezioni federali, un voto di fiducia peri ministri: coloro che ottengono la maggioranza assoluta (50% dei voti espressi) sono automaticamente rieletti. Gli altri passeranno nella sessione seguente alvaglio dell’Assemblea, come awiene oggi. Non, però, per ordine di anzianità ma secondo i voti ricevuti. Vantaggi: più legittimazione e indipendenza dalle rivalità partitiche, meno campagna rispetto a una vera elezione popolare, ruolo del legislativo mantenuto.
Consigliere federale nr. 8
L’idea non è nuova: un Dipartimento presidenziale. Se ne è sentita la mancanza in situazioni di crisi come gli ostaggi in Libia o gli attacchi al segreto bancario. Michael Hermann propone di affidarne le redini a un ottavo consigliere federale, scelto a inizio legislatura tra coloro che erano già incarica, per esempio in funzione del voto di fiducia. Sarebbe un «primus inter pares», con diritto di voto solo nei rari casi in cui l’esecutivo non dovesse trovare una maggioranza. La Cancelleria federale rientrerebbe in questo Dipartimento, che garantirebbe inoltre il coordinamento dei vari segretariati di Stato e parte della politica estera, come ad esempio gli interessi della Svizzera verso l’UE.
Iter falliti: voti il popolo
I progetti di legge che falliscono in Parlamento dovrebbero essere sottoposti al giudizio popolare. Spetterebbe ai cittadini decidere se le riforme cadute al momento della votazione finale vadano mantenute oppure no. La maggioranza dei Cantoni non sarebbe richiesta. La proposta mira a rendere più dinamico e concorrenziale il sistema bicamerale, oggi costretto nella procedura di eliminazione delle divergenze, la quale comporta sempre più il rischio di un blocco finale. E mira anche a favorire la politica del consenso e del compromesso oggi minata dalle cosiddette alleanze contro natura.
Questo articolo è apparso su «Giornale der Popolo» del 18. luglio 2011.