Il matrimonio, bello per il cuore, meno bello per il borsellino? Il tema della cosiddetta «penalizzazione fiscale» dei coniugi occupa da tempo la politica. Nel febbraio dell’anno scorso un’iniziativa popolare PPD che voleva abolirla è stata respinta per poco (50,8%). Va detto che a far discutere era stato anche il testo dell’iniziativa, che definiva il matrimonio «l’unione tra un uomo e una donna» e avrebbe sbarrato la strada ai fautori del «matrimonio per tutti». Poiché invece l’abolizione degli svantaggi fiscali dei coniugi rispetto ai concubini appariva un obiettivo condiviso, la questione è stata ripresa da alcuni atti parlamentari accolti con favore dalle Camere. Un messaggio del Consiglio federale sul tema, atteso già per quest’anno, è stato rinviato al 2018 per dare la precedenza alla riforma fiscale delle imprese.

Soprattutto vantaggi

Un primo intervento contro la penalizzazione fiscale del matrimonio è già stato attuato nel 2008. Tuttavia sussisterebbe ancora una certa disparità, da eliminare anche perché c’è una sentenza del Tribunale federale che lo chiede: risalente al 1984, afferma che la differenza del carico fiscale tra coniugi e concubini non può superare il 10%. Gli sposi verrebbero penalizzati in particolare a causa della progressione fiscale: la somma dei beni porta infatti a un’aliquota più pesante. Il condizionale tuttavia si impone perché questa penalizzazione sarebbe in realtà abbastanza ridotta. Secondo i calcoli dell’amministrazione federale, lo svantaggio fiscale a livello di imposta federale diretta esisterebbe solo per il 10% delle coppie. Per il 21%, invece, il matrimonio rappresenta in realtà un bonus.

Un recente studio di Avenir Suisse  allarga per la prima volta l’osservazione al carico fiscale completo – oltre all’imposta federale, quella cantonale e comunale – e conferma che la penalizzazione del matrimonio è limitata a talune fasce di reddito. In particolare, esiste soltanto per le coppie benestanti, come si vede dai grafici: uno svantaggio pari al 10% o superiore si riscontra solo per i coniugi con un doppio reddito pari in totale ad almeno 18.300 franchi al mese (somma raggiunta dal 10% delle economie domestiche).

Per la classe subito sotto (entrate mensili lorde  tra 15’100 e 18’300 franchi) la differenza con i concubini arriva al 9%. Per tutte le altre classi di reddito invece il matrimonio si rivela vantaggioso anche per il borsellino: in particolare per i redditi più bassi, ma anche per quelli medi che guadagnano circa 200 franchi al mese. Il 60% delle coppie ha quindi un «bonus coniugale» del 10% o superiore, afferma Marco Salvi, autore dello studio. Se si traducono le singole percentuali in moneta sonante, si scopre che tutto sommato svantaggi e vantaggi si equivalgono: i coniugi più ricchi pagano all’anno circa 580 milioni in più rispetto a quanto dovrebbero versare se fossero conviventi; mentre i coniugi delle classi di reddito inferiore «guadagnano» 740 milioni.

Colpito il secondo reddito

In generale quindi, annota Marco Salvi, si può affermare che il sistema fiscale svizzero sovvenziona il matrimonio, anziché penalizzarlo. E il comportamento della gente sembrerebbe confermarlo: su circa 1,6 milioni di coppie che vivono assieme, l’85% è sposato.

A che cosa è dovuto questo «bonus coniugale»? Da un lato alle deduzioni legate ai figli, più frequenti nelle coppie sposate. Inoltre i coniugi beneficiano nei vari Cantoni o di un’aliquota privilegiata o di un sistema di splitting favorevole (il reddito complessivo viene diviso per due e l’aliquota calcolata su questa base). Secondo Avenir Suisse un ulteriore intervento della politica per abolire la presunta penalizzazione fiscale del matrimonio rischia di essere controproducente. «Per eliminare uno svantaggio che in realtà è molto ridotto, si rischia di crearne uno ben peggiore», spiega Salvi. C’è chi infatti vorrebbe introdurre lo splitting anche per l’imposta federale diretta. Tale sistema tuttavia, secondo Salvi, penalizza il secondo reddito, vale a dire nella maggior parte dei casi il salario della donna. In pratica, appena una donna si sposa, non vale la pena che lavori molto. Infatti, con la tassazione congiunta il secondo reddito è soggetto alla stessa aliquota del primo. In altre parole il guadagno aggiuntivo che si ottiene lavorando di più viene mangiato dalle tasse. «Si tratta di un forte disincentivo al lavoro, che mal si combina con la volontà di promuovere l’occupazione femminile». È vero che il problema concerne i redditi più alti, «ma proprio in queste fasce risiede il personale qualificato di cui la Svizzera ha bisogno».

Il problema verrebbe risolto con l’introduzione dell’imposizione individuale per tutti, sposati e non, secondo Salvi. Al momento tuttavia c’è una forte opposizione politica a questo sistema: in particolare si teme un’eccessiva complicazione, per lo Stato e per le famiglie stesse che dovrebbero «dividersi» i beni di fronte al fisco. Più probabile quindi che si vada verso un sistema «misto»: per gli sposi verrebbero fatti due calcoli, uno individuale e l’altro di coppia, in seguito verrebbe applicato quello più conveniente. Per Salvi, sarebbe «un passo in avanti».

Questo articolo è stato pubblicato nell'edizione del 20 luglio 2017 del Corriere del Ticino. Per gentile concessione del Corriere del Ticino.