La Svizzera, con il suo piccolo mercato interno, è riuscita a diventare un paese di imprese esportatrici. Campione della globalizzazione, il Paese deve una buona parte della sua prosperità alla sua capacità di investire anche all’estero. Queste imprese attive a livello globale sono di natura molto diversa. Quantificare il loro contributo al benessere svizzero è difficile soprattutto perché non esiste una definizione uniforme di «multinazionali». È però chiaro che questo contributo è tendenzialmente sottostimato.

Pertanto le multinazionali forniscono un contributo essenziale alla diversità economica svizzera: esse generano, a dipendenza delle definizioni, tra il 16% e il 30% del prodotto interno lordo, rappresentano quasi il 40% del ricavato da imposte delle imprese e costituiscono tra l’11% e il 29% di tutti i posti di lavoro. Inoltre esse giocano un ruolo attivo nell’innovazione elvetica. Contrariamente all’opinione comune la Svizzera non è solo un paese di PMI.

La Svizzera tra i pesi massimi

A livello internazionale le multinazionali svizzere competono con i grandi della globalizzazione. La capitalizzazione di borsa totale delle società quotate in Svizzera (in US-$) è passata da 400 miliardi (nel 1995) a oltre 1500 miliardi nel 2015. Questo fa della piccola Svizzera uno degli attori economici internazionali più importanti, persino in cifre assolute. Per quanto riguarda la sua capitalizzazione azionaria, la Svizzera è equivalente all’India o al Canada. Essa supera nettamente Singapore, ed è quindici volte superiore all’Austria. Anche in termini relativi la Svizzera sbalordisce. La capitalizzazione cumulata delle società quotate in Svizzera, misurata in percentuale del PIL, nell’arco di 20 anni è quasi raddoppiata (213% del PIL nel 2014).

Le imprese globali con sede in Svizzera (non solo quelle quotate in borsa) si distinguono anche per i loro investimenti diretti internazionali. La loro partecipazione ai mercati esteri crea profitti per la Svizzera in forma di rendite da capitale. La crescita negli ultimi anni è impressionante, e non si è mai arrestata: in 20 anni gli investimenti diretti esteri sono passati dal 41% del PIL (1995) al 158% (2014). Nell’UE solo Lussemburgo e Irlanda vantano valori più alti. In quasi nessun altro Paese le multinazionali giocano un ruolo così importante come in Svizzera – quali motori di crescita di un’economia nazionale prospera, quali datori di lavoro e quali contribuenti.

La Svizzera deve mantenere buone condizioni quadro per le multinazionali

Le imprese globali si installano in Svizzera perché le condizioni quadro legali e fiscali sono attrattive, e non per amore della patria o perché il loro azionariato è prevalentemente svizzero. Anzi: un’analisi di NZZ e UBS del 2015 ha stabilito che l’azionariato delle 30 maggiori società quotate nella borsa svizzera era composto per l’82% da azionisti stranieri.

In un contesto di concorrenza internazionale molto dura per attirare le imprese, la Svizzera deve continuare a offrire soluzioni flessibili e liberali, soprattutto sul mercato del lavoro, in ambito fiscale e in materia di immigrazione di manodopera qualificata. Bisogna evitare di valutare le multinazionali con sede in Svizzera sulla base di valori puramente nazionali. L’accettazione dell’iniziativa Minder nel 2013 ha trasmesso un segnale di diffidenza verso le multinazionali, sebbene con effetto limitato. La bocciatura dell’iniziativa «Stop alla speculazione sulle derrate alimentari» – che avrebbe toccato le imprese di trading basate in Svizzera – ha dimostrato che i cittadini non credono a soluzioni locali (dubbie) a problemi globali. Siamo sulla buona strada.

Questo articolo è stato pubblicato nel numero di giugno 2016 della rivista «Ticino Business».