La libera circolazione delle persone ha portato a una maggiore immigrazione di persone altamente qualificate, con competenze complementari a quelle della manodopera indigena. Ciò ha permesso la creazione di nuovi posti di lavoro con livelli di qualifica medi e bassi. Gli effetti dell’immigrazione sulle prospettive occupazionali dei residenti sono quindi in gran parte positivi, come dimostrano diversi studi indipendenti. L’evoluzione dei salari e la distribuzione dei redditi non sono stati influenzati negativamente. Anzi, a beneficiarne sono stati soprattutto gli svizzeri meno qualificati.

Diversamente da quanto accade per la libera circolazione delle persone, le misure di accompagnamento hanno un effetto negativo sul mercato del lavoro, poiché partono da un presupposto sbagliato. Infatti, l’obiettivo politico è quello di proteggere i residenti dall’apertura del mercato del lavoro. Il sistema dei salari minimi introdotto con le misure d’accompagnamento però protegge gli «insiders», ovvero tutti coloro che già sono integrati nel mercato del lavoro. Per chi accede alla vita professionale o cambia settore d’attività, i salari minimi rendono invece più difficile l’accesso al mercato del lavoro. Ne risulta un aumento della disoccupazione strutturale, soprattutto tra i giovani. I salari minimi inoltre rincarano il costo del lavoro poco qualificato – ciò favorisce l’automazione e le delocalizzazioni e frena la crescita degli impieghi.

A tutto ciò si aggiunge l’uso improprio delle misure di accompagnamento in singoli settori che si proteggono dalla concorrenza estera impedendo la concorrenza attraverso l’introduzione di salari minimi, per esempio nel settore edilizio o per quanto riguarda i servizi di sicurezza privati.

In Ticino il mercato del lavoro è regolato maggiormente rispetto al resto della Svizzera. Ciò è evidenziato dalla presenza di otto contratti collettivi di lavoro e di 15 contratti normali di lavoro cantonali. Come mostra l’iniziativa «Prima i nostri!», accettata dalla popolazione nell’autunno del 2016, questa politica protezionistica – alimentata dalla presenza in Ticino di oltre 60’000 frontalieri – trova consenso tra la popolazione. Rimane però il sospetto che questo problema sia gestito a livello politico e venga utilizzato come pretesto per isolare il proprio mercato dalla concorrenza. Inoltre non vi sono stati considerevoli effetti di dislocamento dei lavoratori residenti. Ci si potrebbe ora chiedere se la disoccupazione giovanile, più alta in Ticino rispetto al resto della Svizzera, non sia piuttosto un effetto collaterale negativo delle misure di accompagnamento.

Nel nuovo studio «Rischi ed effetti collaterali delle misure di accompagnamento», Avenir Suisse sottolinea la necessità di riforma al fine di ridurre l’impatto negativo sul mercato del lavoro svizzero:

  • Il conferimento facilitato del carattere obbligatorio generale ai contratti collettivi di lavoro, introdotto nel quadro delle misure d’accompagnamento, dovrebbe essere abbandonato, poiché esso ha causato un aumento significativo del numero di salari minimi. Questa misura creerebbe nuovi posti di lavoro e faciliterebbe l’integrazione di chi accede al mercato del lavoro o vi cerca un reinserimento occupazionale.
  • Le misure d’accompagnamento dovrebbero essere applicate ancora solo nei settori in cui gli indicatori economici mostrano un chiaro deterioramento del mercato del lavoro – tra cui l’esclusione di lavoratori già attivi sul mercato del lavoro, la diminuzione dei salari reali o una divergenza crescente tra i salari di nuovi impiegati e quelli di lavoratori già attivi da tempo. In settori esenti da ripercussioni negative una tale regolamentazione del mercato del lavoro invece è superflua.
  • Le altre misure accompagnatorie (per esempio le attività di controllo, la responsabilità dei subappaltatori ecc.) dovrebbero essere progressivamente ridotte a un livello normale. Dopo l’introduzione della libera circolazione delle persone, gli attori sono stati in grado di adattarsi velocemente alle nuove condizioni. Ora il mercato del lavoro deve essere nuovamente sottoposto in modo graduale ai meccanismi di mercato.

La flessibilità del mercato del lavoro è uno dei maggiori punti di forza della piazza economica Svizzera e una condizione essenziale della nostra prosperità. Essa favorisce l’integrazione nel mercato del lavoro di coloro che vi accedono, di chi cambia settore professionale, dei disoccupati più anziani e infine anche dei rifugiati. Essa aiuta anche a contrastare la disoccupazione futura (di lunga durata) e garantisce che il lavoro domestico rimanga un fattore di produzione attrattivo, contrastando così la tendenza alla delocalizzazione e all’automazione.