L’imposizione delle imprese è uno dei più importanti cantieri (perenni) del sistema fiscale svizzero. Dopo l’approvazione nel 2008 dell’imposizione delle imprese II da parte del Popolo, il Consiglio federale ha proposto ulteriori riforme. L’oggetto del contendere sarà tra gli altri l’adeguamento dei regimi dell’imposizione delle imprese nei Cantoni. Questo è da tempo un fastidioso capello nella minestra soprattutto per l’Unione Europea, perché i redditi interni ed esteri non vengono trattati allo stesso modo. Sotto la pressione internazionale (reale o presunta) si è instaurato un complesso ciclo di negoziazione che ha il compito di considerare le richieste delle imprese, dei Cantoni, della Confederazione e degli Stati esteri – visto che rispetto ad altri tipi di tassazioni questa, per le aziende estremamente mobili, ha conseguenze globali.
Fino ad ora, nel mare delle discussioni attualmente impregnate dai timori dei Cantoni e dalle richieste di adattamento della Nuova impostazione della perequazione finanziaria intercantonale (NPC), non è stata fatta alcuna scoperta eclatante: chi trae maggior vantaggio dalla suddetta concorrenza fiscale tra Cantoni – unitamente ad alcune aziende – non sono i Cantoni, bensì la Confederazione: dei 17 miliardi di entrate fiscali generati dall’imposta sull’utile nel 2010, 8,2 spettano ai Cantoni e ai Comuni. Di questi solo 1,4 miliardi (il 17%) tornano nelle mani delle ditte che godono di agevolazioni fiscali. Come mostra il poster queste entrate sono rilevanti solo per pochi cantoni (BS, ZG, VD, GE, NE e SH). A livello federale tuttavia, l’imposta sul reddito delle ditte «privilegiate» (nei Cantoni) rappresenta il 36 per cento delle entrate provenienti dall’imposta sugli utili delle aziende. Il motivo: a livello federale non esistono dei privilegi fiscali per gli utili provenienti dall’estero; viene sempre applicata l’aliquota d’imposta dell’8,5%. All’interno della concorrenza fiscale tra Cantoni e quindi col conseguente insediamento di aziende estere sul nostro territorio chi vince sono soprattutto le casse federali.
Molti politici ed elettori guardano con scetticismo a questa concorrenza, non da ultimo per una questione di politica distributiva. Si sostiene che il carico sul capitale dei redditi sia già fortemente calato con le riforme dell’imposizione delle imprese II. Visto che il reddito da capitale cade soprattutto sulle economie domestiche più benestanti, si teme uno spostamento del carico fiscale sui salariati e una discriminazione dei redditi medi e bassi. A questo proposito si trascura però il fatto che l’imposta sugli utili delle aziende rappresenta solo una delle tante tasse che gravano sul reddito da capitale. Alcuni esempi: l’imposta sulla sostanza, di successione o fondiaria. Com’è evoluto negli ultimi anni l’onere complessivo della tassazione dei redditi da capitale rispetto all’imposizione su altri fattori di produzione, sul lavoro? I «capitalisti» se la cavano veramente così bene? Quanto è efficace la concorrenza fiscale a livello aziendale e i Cantoni come sfruttano i propri vantaggi comparativi? Quanto è importante l’imposizione sulle imprese per i Cantoni? Il poster aiuta a rispondere a queste e altre domande.
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