Negli ultimi anni, sono state numerose le denunce delle condizioni di lavoro di chi cerca di sbancare il lunario nella «gig economy» – l’economia dei lavoretti procurati su piattaforme online: consegne a domicilio, utilizzo della propria auto come servizio taxi, o riparazioni casalinghe svolte di volta in volta su richiesta di clienti. A queste preoccupazioni si sono aggiunte quelle per l’esternalizzazione di dipendenti, poi più o meno costretti a lavorare in subappalto per la stessa ditta. Tutti in coro a denunciare nuove modalità di lavoro «atipiche», caratterizzate da un’indipendenza fittizia e una sicurezza dell’impiego minima.
Ma quale è l’impatto effettivo di queste forme di impiego sull’occupazione in Svizzera? Per tentare di quantificare queste attività è utile guardare all’evoluzione dei cosiddetti lavoratori autonomi senza dipendenti, una categoria che appunto include i collaboratori freelance, ma anche i classici liberi professionisti.
Ebbene, un’analisi dei dati della Rilevazione sulle forze di lavoro (RIFOS) non trova alcuna conferma della maggiore prevalenza di forme d’impiego «non-standard» nel nostro paese. Al contrario, in Svizzera il lavoro autonomo sarebbe piuttosto in ritirata. Sebbene rispetto al 2001 si contino oggi 14 000 lavoratori autonomi in più, durante lo stesso periodo i salariati sono aumentati di oltre 760 000 unità. Vi è stato quindi un declino relativo del lavoro autonomo; declino che si registra in tutti i gruppi professionali.
E che ne è dei redditi? Con circa 48 franchi all’ora, il salario degli indipendenti autonomi è superiore alla media. Tuttavia, la distribuzione di questi redditi è ineguale: sono sovrarappresentati sia nelle fasce di reddito più basse che in quelle più elevate. Ciononostante, il 67% si dice molto soddisfatto del proprio lavoro. Solo il 6% non trova contentezza alla propria situazione lavorativa e preferirebbe passare ad un lavoro dipendente. Questo a riprova che il lavoro autonomo offre anche benefici non-monetari, quali l’indipendenza e flessibilità.
L’inchiesta mostra infine che i lavoratori autonomi senza dipendenti formano un gruppo molto eterogeneo. In questo senso, si tratta di una forma di lavoro davvero atipica. Riguardo ai numeri però, nelle statistiche dell’occupazione il boom della «gig economy» ancora non si vede.
Questo podcast è stato pubblicato il17.05.2021 nel programma Plusvalore su RSI Rete Due.
Plusvalore
L’invecchiamento della popolazione è una causa principale dell’aumento delle disparità patrimoniali
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Marco Salvi
Più anziani – e disuguali
PlusvaloreL’invecchiamento della popolazione è una causa principale dell’aumento delle disparità patrimoniali
In Svizzera la distribuzione dei salari è assai uniforme. Ad esempio, se consideriamo gli occupati a tempo pieno, la differenza tra bassi e alti salari è da noi meno marcata che in quasi tutti i paesi membri dell’OCSE, il club dei paesi ricchi. Per quanto riguarda invece la distribuzione della ricchezza, ovvero del patrimonio economico (il quale ingloba la totalità degli attivi finanziari e immobiliari), la Svizzera si distingue per una disuguaglianza più pronunciata della media, anche se le statistiche al riguardo sono parecchio lacunose.
È però indiscutibile che le disparità di ricchezza sono aumentate negli ultimi 20 anni. Questo aumento si manifesta molto concretamente a chi oggi vuole acquistare una casa. Se nel 2000 per acquistare una casa media bisognava sborsare circa 7 volte il salario annuale, ora ne sono necessari più di dieci. Il prezzo delle case è salito durante gli ultimi vent’anni molto più velocemente dei redditi, il che tendenzialmente ha accentuato le differenze patrimoniali tra chi è proprietario e chi è rimasto inquilino.
Ma quali le ragioni profondi di questa evoluzione, del resto per nulla specifica al nostro paese? Una risposta la fornisce un gruppo di economisti americani che ha recentemente studiato l’effetto dell’evoluzione demografica sul risparmio.¹ La loro conclusione: nella maggioranza dei paesi, l’aumento delle disuguaglianze di patrimonio può essere ricondotto direttamente all’invecchiamento della popolazione.
Patrimonio e i risparmi, ancora più di salari e redditi, hanno infatti una forte componente demografica. La situazione di una trentenne – che ha accumulato ancora pochi risparmi, ma ha davanti una lunga carriera professionale – è all’opposto di quella del sessantenne che si avvicina piano piano al pensionamento, e quindi subirà presto una diminuzione drastica dei redditi da lavoro, ma che può contare su risparmi ben più sostanziosi.
Ebbene, con l’invecchiamento della popolazione è fortemente aumento il numero di quest’ultimi a scapito dei primi. L’abbondanza di risparmi ha fatto crollare i tassi d’interesse e salire i prezzi immobiliari. E con essi anche le disuguaglianze di ricchezza.
¹Adrien Auclert, Hannes Malmberg, Frédéric Martenet e Matthew Rognlie (2020). «Demographics, Wealth, and Global Imbalances in the Twenty-First Century».
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Se le stime dell’Ufficio Federale di Statistica sono corrette, nel 2018 il livello dei salari è cresciuto in media del 0,5 percento in Svizzera – quindi meno dell’inflazione, la quale si è attestata l’anno scorso al 0,9 percento. Lo stesso fenomeno si era già verificato nel 2017. Detto in parole…
Se le stime dell’Ufficio Federale di Statistica sono corrette, nel 2018 il livello dei salari è cresciuto in media del 0,5 percento in Svizzera – quindi meno dell’inflazione, la quale si è attestata l’anno scorso al 0,9 percento. Lo stesso fenomeno si era già verificato nel 2017. Detto in parole povere (è il caso dirlo?), i salari in Svizzera sono diminuiti per la seconda volta consecutiva. Per l’Unione Sindacale Svizzera (USS) si tratta di un’evoluzione preoccupante. Dal canto loro, i rappresentanti padronali fanno valere l’obbligo di aumentare gli investimenti, da tempo posposti.
L’andamento della produttività
Ma come giudicare in modo oggettivo l’evoluzione degli stipendi a livello di un paese? Prima di tutto serve mantenere una visione d’insieme. Contingenze (come ad esempio il rialzo repentino dei prezzi del petrolio) possono incidere a corto termine sull’inflazione e quindi sul potere d’acquisto dei salari. Se consideriamo il periodo dal 2009 a questa parte, notiamo invece che i salari reali in Svizzera sono cresciuti in media dell’uno percento all’anno; una crescita tutto sommato robusta se si considera che questo periodo include sia la crisi finanziaria che gli anni del franco forte.
Ancora più pertinente è però il raffronto con l’andamento della produttività. A lungo termine gli aumenti salariali dovrebbero corrispondere a quelli della produttività del lavoro. Infatti, se i salari crescono più velocemente, la parte del reddito totale che va a i lavoratori cresce a scapito dei margini delle imprese, diminuendone la capacità di investimento. Ciò, prima o poi, avrà ripercussioni anche sull’impiego.
Ebbene, negli ultimi dieci anni gli aumenti salariali in Svizzera sono stati quasi sempre superiori a quelli della produttività, a tal punto che la parte dei salari nel PIL da noi è in aumento, mentre negli Stati Uniti e in molti altri paesi ricchi essa ha perso terreno rispetto ai redditi del capitale. Difficile individuare le cause esatte di questa anomalia elvetica. Il rafforzamento repentino del franco ha causato una certa perdita di competitività della nostra industria di esportazione, obbligando molte imprese a rosicare sui profitti.
Comunque sia, alla luce dell’evoluzione molto modesta della produttività, quella dei salari è stata a lungo ragguardevole. A conti fatti, una correzione era inevitabile.
Produttività del lavoro
Nel 2018 i salari salari reali sono scesi quest’anno in Svizzera nei comparti coperti da contratti collettivi di lavoro (CCL): colpa dell’inflazione, che ha divorato gli aumenti concordati dalle parti sociali. Stando ai dati diffusi stamane dall’Ufficio federale di statistica (UST), i rappresentati degli stipendiati e dei datori di lavoro si sono intesi per il 2018 su aumenti nominali dello 0,9% per i salari effettivi e dello 0,5% per quelli minimi negli ambiti dei principali CCL, ovvero quelli che interessano almeno 1500 persone. La previsione per il rincaro è però del +1%: questo significa che gli stipendi reali nei comparti convenzionali dovrebbero diminuire dello 0,1%.
Questo podcast è stato pubblicato il 28.1.2019 nel programma Plusvalore su RSI Rete Due.
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La qualità della vita sarà anche soggettiva, ma la si può ciononostante esprimere in cifre, anzi addirittura in franchi. Un ragionamento – semplicistico lo ammetto – è il seguente: sottraiamo dal reddito medio delle economie domestiche in un comune l’affitto e le tasse locali; quello che rimane può essere…
La qualità della vita sarà anche soggettiva, ma la si può ciononostante esprimere in cifre, anzi addirittura in franchi. Un ragionamento – semplicistico lo ammetto – è il seguente: sottraiamo dal reddito medio delle economie domestiche in un comune l’affitto e le tasse locali; quello che rimane può essere interpretato come un’indicazione (molto approssimativa) della qualità della vita nel comune o città di residenza.
Come mai? Affitti e tasse variano in Svizzera molto da un comune all’altro. Più la località è attraente (o più le tasse sono basse) e più i prezzi dei terreni – e di conseguenza anche gli affitti – saranno elevati. Se non lo fossero, basterebbe traslocare per approfittare di un’alta qualità di vita a un prezzo stracciato. La maggiore domanda a termine farebbe però salire i prezzi, e con essi svanirebbe l’incentivo al trasloco. In altre parole, gli affitti elevati sono il prezzo d’entrata da pagare per godere dell’alta qualità della vita in quella situazione.
Per esempio, è vero che il salario medio a Zurigo è elevatissimo. La metà degli occupati vi guadagna più di 7’800 franchi al mese – 1’300 franchi in più della media svizzera. Un quarto porta a casa più di 10’000 franchi al mese. Ma gli affitti lo sono ancora di più: difficile trovare un quattro locali al di sotto dei 3’000 franchi al mese. E se togliamo dal reddito anche le imposte, salta fuori che il reddito residuo è più basso che nel Canton Uri. Ciò a riprova del fatto che lago, offerta culturale e le luci della città hanno un valore concreto per gli abitanti. Valore che si esprime appunto in un reddito residuo inferiore a quello di Altdorf.
Ovviamente, il ragionamento ha i suoi limiti. Gli alti salari di Zurigo magari sono anche un compenso per lo stress cittadino, e forse non è sufficiente considerare solo gli affitti e le tasse per misurare precisamente la qualità della vita. Ma il ragionamento di base rimane. Quindi, la prossima volta che sentirete un sindaco vantarsi del fatto che nel suo comune alla fine del mese rimangono più soldi in tasca che nel comune vicino, non esitate a fare una smorfia. È solo un segno che l’erba dei vicini è davvero più verde.