La Svizzera è uno dei paesi con il reddito pro capite più alto del mondo. Essa deve la sua situazione positiva in gran parte alla competitività della sua economia, designata nei sei anni trascorsi come l’economia nazionale più competitiva del mondo secondo la classifica del World Economic Forum. Tuttavia non vi è spazio per il compiacimento. È vero che dal 2008 la Svizzera ha resistito con un certo successo ai tumulti della crisi economica e finanziaria, ma ne subisce ancora oggi le ripercussioni. Senza un tasso di occupazione (peraltro già alto) in progressione costante, la crescita del reddito per abitante in Svizzera sarebbe stata negativa. Inoltre, a causa della «paralisi» di riforme di cui soffre al momento la politica federale, il numero dei cantieri politico-economici in corso è più alto che mai.
Un’economia divisa in due
In termini di aumento della produttività del lavoro – a lungo termine il vero motore del benessere – la Svizzera da tempo non si trova più in testa alle classifiche. La politica non sembra preoccuparsene più di tanto. A ragione c’è chi fa notare che l’integrazione efficace delle persone meno produttive sul mercato del lavoro riduce la produttività. Ciò però non spiega l’enorme e incontrollato divario tra i settori d’esportazione e quelli orientati verso il mercato interno. Mentre i primi sono costretti a rispondere alle esigenze della concorrenza internazionale, i secondi spesso troppo facilmente possono limitare la concorrenza grazie all’influenza politica.
Questa divergenza di produttività nei settori economici rappresenta una minaccia crescente per il potenziale di crescita della Svizzera. Già in passato il numero di posti di lavoro è aumentato principalmente nei settori orientati al mercato nazionale, che oggi occupano due terzi scarsi di tutta la popolazione attiva. L’evoluzione demografica rafforzerà ulteriormente questa tendenza.
Inoltre non è chiaro in che misura nei prossimi anni la Svizzera potrà poggiare sulla sua economia di esportazione. A causa del franco forte, l’encomiabile competitività delle imprese è sotto pressione. Espressi in euro, i costi salariali unitari in Svizzera dal 2007 sono esplosi. Puntando su specializzazione, qualità e prodotti di nicchia di alta gamma, sino ad oggi le imprese svizzere hanno potuto riversare sui clienti l’apprezzamento del franco. Ora non è però possibile determinare con sicurezza le conseguenze dello «shock monetario» del 2015. In considerazione dei problemi irrisolti della zona euro, l’evoluzione della situazione sul fronte valutario rimane incerta.
Focus sulle condizioni quadro
La delicata problematica del cambio può spingere a richiedere una «politica industriale» attiva. Ma cedere a questo impulso sarebbe fatale. In passato, a più riprese l’economia svizzera ha provato di essere in grado di riemergere rafforzata da periodi difficili. Gli interventi dello Stato rischiano sempre di rallentare cambiamenti strutturali inevitabili. Una politica di successo per la piazza economica è una politica che migliora le condizioni quadro a lungo termine per l’attività economica. Attualmente una tale politica è assolutamente necessaria soprattutto sul mercato interno svizzero. Se anche nei prossimi 20 anni la Svizzera vuole continuare a fare parte delle economie più prospere del mondo, allora la politica farebbe bene a cominciare da qui.
Questo articolo è apparso nel numero di ottobre 2016 della rivista «Ticino Business». Per gentile concessione di «Ticino Business».