La Commissione dell’economia del Consiglio degli Stati (CET-S) ha deciso di abbinare la riforma dell’imposizione delle imprese (Progetto fiscale 17) al risanamento dell’AVS. Non che traffici e baratti di controprestazioni non meglio precisate non abbiano da sempre caratterizzato la politica, ma tirare reciprocamente l’acqua al proprio mulino intrecciando formalmente due progetti così distinti non era mai successo, ed equivale a misconoscere gli usi e i costumi della politica (finanziaria).

Libertà di decisione compromessa

Non soltanto si elude in maniera plateale il principio dell’unità della materia, secondo il quale non è consentito presentare due progetti o decreti distinti di modifica legislativa in un’unica consultazione popolare. In qualità di cittadino chiamato alle urne, come potrei infatti esprimere la mia volontà se fossi favorevole al progetto fiscale, ma non al suo intreccio con l’AVS? La libertà decisionale viene chiaramente compromessa. Il Tribunale federale ha già dovuto chiudere un occhio su proposte cantonali rivelatesi in disaccordo con l’unità della materia, ma a livello federale ciò non è possibile.

L’aspetto più preoccupante tuttavia è ciò che una simile tendenza induce a presupporre: l’approvazione di un progetto specifico può essere «mercanteggiata» in qualsiasi momento. Ma spingiamoci oltre in questa riflessione: immaginiamo che l’aumento della spesa pubblica per l’istruzione e la ricerca venga collegato a un supporto più ampio dell’agricoltura. Oppure che l’acquisto di aerei da combattimento potrebbe essere reso immune dal lancio di un referendum da parte della sinistra se solo venisse associato a un aumento degli assegni familiari, a prescindere dal fatto che possa piacere o meno all’elettorato. È molto probabile che a lungo termine sarebbe la stabilità delle finanze della Confederazione a farne le spese, visto che di solito non «vengono abbinate» proposte volte a ridurre la spesa pubblica.

Indipendentemente da questi voli pindarici, il «compromesso» elaborato è alquanto discutibile anche sul piano dei contenuti. In base a quanto rilasciato dalla CET-S, ogni Franco di imposte perso dalle casse pubbliche in seguito alla riforma fiscale dovrà essere «controbilanciato» (!) con un Franco da versare nel primo pilastro, finanziato mediante un aumento delle trattenute di salariati e datori di lavoro e del contributo diretto della Confederazione. In realtà non si compensa niente, al contrario. Le casse federali e i contribuenti saranno sollecitati non una volta, bensì due. E questo – nota bene – malgrado lo scorso settembre popolo e Cantoni si siano espressi contro un risanamento dell’AVS basato principalmente sull’aumento delle entrate.

Un successo a tutti i costi

D’alto canto la CET-S ha smorzato nettamente i toni del progetto fiscale elaborato dal Consiglio federale per contenere i mancati introiti (in particolare l’aumento dell’imposizione minima dei dividendi), con cui il Governo intendeva rispondere alle critiche mosse dopo il fallimento della riforma dell’imposizione delle imprese III. Visto come stanno le cose non è facile scrollarsi di dosso la sensazione che due diversi sconfitti alle urne stiano tentando di imporre i loro progetti a tutti i costi.

È fuori dubbio che la riforma dell’imposizione delle imprese sia di cruciale importanza per la piazza economica – la pressione internazionale non permette più di tollerare alcun rinvio. Un nuovo rifiuto popolare dev’essere quindi evitato con ogni mezzo, nel vero senso della parola. D’altro canto nessuno ha niente da obiettare se per qualche anno si mascherano le sfide demografiche che pendono sul finanziamento dell’AVS. Ad essere sinceri, tuttavia, il prezzo da pagare – le fondamenta della nostra politica finanziaria – per un simile «compromesso» è decisamente alto.