A fine settembre, i cittadini del Canton Svitto hanno rifiutato in votazione l’introduzione della Flat Rate Tax, ovvero il passaggio dall’aliquota progressiva a quella unica proporzionale. Secondo questa proposta, ogni contribuente avrebbe dovuto versare la stessa percentuale di reddito all’erario cantonale.
La Flat Rate Tax è una versione meno radicale della Flat Tax, proposta ai tempi dell’amministrazione Reagan dagli economisti statunitensi Alvin Rabushka e Robert Hall. Oltre all’aliquota unica, la Flat Tax rinunciava anche a imporre i risparmi. Poiché il reddito viene o speso o risparmiato (e quindi investito), la Flat Tax grava unicamente sui consumi. Secondo i suoi sostenitori, stimolerebbe così risparmi, investimenti e crescita.
Sia la versione originale che la variante svittese sono state accusate di essere antisociali, benché entrambe proponessero esenzioni per i redditi bassi. Anche per questo la Flat Tax è rimasta un sogno (o bisogna dire un incubo?) inappagato degli economisti.
O così è in apparenza. A ben guardare anche da noi è in atto uno slittamento graduale dalla tassazione progressiva del reddito verso una tassazione proporzionale di consumi – e ciò non solo a causa del continuo aumento dell’IVA.
Oggigiorno infatti gli svizzeri mettono da parte un buon 20% del reddito lordo per la previdenza individuale e la cassa pensione. Per molte famiglie il capitale pensionistico accumulato rappresenta la parte più importante del patrimonio. Questi risparmi vengono tassati solo al momento della riscossione delle rendite. Le aliquote sono progressive ma ridotte rispetto a quelle sui salari e altri redditi da capitale. Nella misura in cui le rendite vengono spese per finanziare i consumi nell’età della pensione, il nostro sistema corrisponde di fatto a una Flat Tax.
Quasi senza rendercene conto – o addirittura senza volerlo – la Svizzera ha già da tempo lanciato la sua rivoluzione fiscale.
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Questo contributo è apparso nell'edizione di lunedì 17 ottobre 2016 del programma «Plusvalore».
Per gentile concessione di «RSI Rete due».