A pochi giorni dalla votazione sulla riduzione del tasso di conversione del 2° pilastro della previdenza sociale è emerso nella discussione l’aspetto delle esorbitanti spese di amministrazione del patrimonio di questi apparati. Questo punto non ha certo provocato l’affossamento della proposta, ma ha segnato l’opinione pubblica seminando ancora più insicurezza nell’elettorato che si già trovava alle prese con un aggrovigliamento di dati di difficile comprensione. E non per ultimo ha contribuito a diminuire la fiducia nella previdenza professionale.

Nel frattempo la nebbia sulla questione delle spese amministrative sembra essersi in parte dissolta grazie all’Ufficio Federale delle assicurazioni sociali (UFAS) che ha commissionato lo studio «Vermögensverwaltungskosten in der 2. Säule». Esso stima le spese annuali a circa 3,9 miliardi di franchi ovvero mediamente allo 0,56 % degli investimenti. Inoltre, rivela che gli investimenti alternativi durante il periodo di rilevazione (2005-2009) abbiano causato in media costi elevati, anche se i più importanti cost driver sono stati i fondi speculativi.

Tuttavia, a conti fatti, lo studio non sostiene la tesi che sia stato un manipolo di avidi consulenti e fornitori di prodotti a dissanguare il 2° pilastro e a spennare l’assicurato. Sostiene al contrario «che il mercato della gestione patrimoniale nel 2° pilastro sia stato progettato in modo estremamente competitivo ed efficiente sia nel confronto internazionale che rispetto ad altri gruppi d’investimento».

Quali sono quindi le conclusioni da trarre dall’analisi dell’UFAS?

  • Al fine di ottenere più trasparenza e risparmio occorre ponderare bene i fondi d’investimento a gestione passiva. Tuttavia l’ampio universo degli investimenti non va regolamentato al punto di essere menomato, perché proprio la sua varietà permette alle singole casse pensioni una gestione del portafoglio efficiente e di tenere conto della tolleranza al rischio individuale di ciascun fondo pensione. Il divieto di investire in determinati prodotti contraddice pertanto il principio dell’allocazione ottimale.
  • Anche i fondi speculativi sono una valida categoria d’investimento. Il periodo preso in considerazione (2005-2009) risulta troppo breve per irrompere con strumenti d’investimento come i fondi speculativi. A causa della crisi finanziaria globale il potenziale di diversificazione degli investimenti alternativi non si è potuto concretizzare. Sullo sfondo di possibili turbolenze sui mercati immobiliari e dei titoli di Stato ciò potrebbe cambiare di nuovo.
  • Deve essere garantita la massima trasparenza per quanto riguarda i prodotti d’investimento. Delle importanti regolamentazioni degli investimenti sono giustificabili solo se vi è trasparenza nel progetto e nel costo degli strumenti di investimento. Occorre ambire ad una simmetria di informazione ed evitare la mancanza di trasparenza. Questo contribuirebbe a smussare le critiche verso i fondi speculativi poco trasparenti.
  • I consiglieri di fondazione responsabili della strategia d’investimento necessitano di fondate conoscenze in campo finanziario. Essi devono essere in grado di negoziare con i fornitori di prodotti ad armi pari e non devono lasciarsi abbindolare da investimenti incomprensibili. Grazie ad una maggiore conoscenza nel campo finanziario i gestori delle casse pensioni si renderebbero pertanto più indipendenti dai consulenti e sarebbero in grado di negoziare le condizioni della procedura di concorso e di comparare le offerte competitive. In questo modo contribuirebbero a far calare i prezzi. Si prevede che i miglioramenti strutturali nel mondo delle casse pensioni abbia anche un effetto di riduzione dei costi. In generale i fondi pensione di dimensione più importante hanno un maggiore potere contrattuale e possono offrire una professionalità più elevata.