Molti ritengono che l’opera “1984” di George Orwell racchiuda l’essenza di una società futura spaventosa. Negli ultimi anni tuttavia, alla luce delle nuove scoperte riguardanti le intercettazioni telefoniche su larga scala, le descrizioni di Orwell si rivelano innocue. La realtà ha di gran lunga superato la visione dell’autore. Ma ancora più spaventosa dell’evidente intrusione dello stato e delle aziende nella sfera privata degli individui è la perdita di valore del concetto di privacy – e forse quindi anche di pudore. Il numero di persone oggi disposte ad estendere alla sfera pubblica la propria vita privata è sorprendentemente alto. Alcuni sembrano essere addirittura noncuranti della possibilità di essere potenzialmente esposti ad una sorveglianza quasi costante.

Ciò è preoccupante per due motivi. Innanzitutto, per ogni individuo la privacy ha un alto valore morale. Difendere il “diritto di essere lasciati in pace” (come postulato nel 1890 da Louis Brandeis, giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti) è tra le conquiste fondamentali più recenti. In secondo luogo, la privacy è l’ossigeno della libertà. Il cosiddetto “individuo trasparente” è fondamentalmente tossico per una società libera, a prescindere dal modo in cui questa trasparenza sia raggiunta: forzata dallo stato, ottenuta “con l’inganno” da privati o ingenuamente e volontariamente messa a disposizione dall’individuo. È la sfera privata di ogni individuo – protetta da occhiate indiscrete e influenze esterne – che rende possibile autonomia e individualità di ogni essere umano e in tal modo una società civile autodeterminata.

Ovviamente protezione, garanzia e preservazione della sfera privata sono compiti che spettano anche alla politica. Tuttavia, troppo spesso accade il contrario. Ma da un punto di vista liberale ogni individuo ha uguale responsabilità di prestare attenzione a qualsiasi minaccia alla sfera privata, di rispettare la privacy altrui così come di tracciare un limite tra privato e pubblico, in modo da gestire con cura un bene prezioso quale la sfera privata individuale. Questo vale anche – anzi a maggior ragione – nel mondo digitale.

Queste le osservazioni di Gerhard Schwarz, direttore di Avenir Suisse, nella prefazione alla nuova pubblicazione Avenir Spezial: “La privacy e la rete”. Composta da ventitré contributi e dal rapporto su privacy, protezione dei dati e rete, essa esamina il significato della protezione dei dati e la loro relativa sicurezza nella vita di tutti i giorni. Chiedendosi quali lezioni possano essere tratte dalle colpe di Edward Snowden, l’ex tecnico della NSA fuggitivo, la pubblicazione mira a rispondere a domande divenute oggi di importanza centrale nei nostri rapporti con internet.

I singoli contributi includono opinioni di diversi esponenti di Avenir Suisse riguardanti le questioni più controverse sollevate dall’ondata di dati oggi disponibili. Gli articoli toccano svariati ambiti quali l’assicurazione sulla vita, la medicina personalizzata e i sistemi di misurazione intelligenti, e includono considerazioni pratiche come criptaggio, passwords e controlli da parte dei genitori. Tali conoscenze riguardo alla sicurezza cibernetica – e la protezione dei dati in generale – sono particolarmente rilevanti per la Svizzera. La connettività internet in Svizzera è infatti la più veloce tra tutti gli stati europei, e la quota di connessioni a banda larga è la più alta di tutto il continente.