Il Consigliere federale Alain Berset ha provocato un’ondata di indignazione con la proposta di limitare il ritiro del capitale nella previdenza professionale. Il progetto era rimasto in sospeso per lungo tempo, ora riappare nel contesto della riforma delle prestazioni complementari (PC).

Le cause sono molteplici

Certamente, l’aumento vertiginoso delle PC è preoccupante e deve essere frenato. Le cause sono però molteplici. Uno studio dell’Università di Lucerna mostra che un terzo dell’aumento dei costi tra il 2003 e il 2012 è stato causato dai prelievi dell’AI, un ulteriore terzo è da ricondurre a nuovi vincoli legislativi (per esempio l’aumento delle franchigie nel calcolo del patrimonio computabile) e un ultimo terzo è da attribuire ai costi per la cura degli anziani. I prelievi di capitale potrebbero aver avuto un ruolo solo per quanto riguarda l’ultimo elemento.

Per valutare le conseguenze del prelievo di capitale non basta però determinare la percentuale dei beneficiari di prestazioni complementari che hanno prelevato il proprio capitale LPP. Anche se questa quota dovesse ammontare al 25 percento, ciò non rappresenterebbe ancora una spiegazione causale. Infatti, altrettanto assurdo sarebbe affermare che, poiché il 75 percento dei beneficiari di PC sceglie la rendita, quest’ultima sarebbe da vietare.

La povertà non è dovuta alla possibilità di prelievo del capitale.

La povertà nell’età avanzata può avere diverse cause – limitazioni al prelievo di capitale puniscono anche chi è prudente. Immagine: Wikimedia Commons.

Bisognerebbe innanzitutto chiarire se la quota PC è davvero maggiore tra coloro che prelevano capitale o parti di esso (il 34 rispettivamente il 16 percento degli assicurati), piuttosto che tra chi riceve solo una rendita. Se così fosse, bisognerebbe in secondo luogo verificare la quota PC nel caso in cui le persone preferiscono la rendita al ritiro del capitale. Chi all’età di 65 anni possiede un avere di vecchiaia di soli 50 000 franchi, in caso di cura avrà comunque bisogno del sostegno statale, con o senza prelievo di capitale. A livello metodologico è quindi difficile individuare seriamente le conseguenze del prelievo di capitale. Questo è anche uno dei motivi per cui finora mancano studi scientifici di ampia portata che analizzano questa questione.

Chi è prudente viene punito

Oltre alle «evidenze» aneddotiche di chi gioca al casinò scialacquando il proprio denaro, l’onere statale dovuto ai prelievi di capitale non è dimostrato. Se si vogliono comunque affrontare questi casi rari, si dovrebbe gestire in modo più restrittivo l’accesso alle prestazioni complementari. Restrizioni al prelievo di capitale al contrario andrebbero a punire tutti gli altri assicurati che usano attentamente il proprio patrimonio di previdenza. Ciò sarebbe sproporzionato. Non si vieta a tutti di guidare l’auto solo perché pochi guidano troppo velocemente all’interno dell’abitato. Il rischio primario per quanto riguarda il prelievo di capitale non è quindi che singoli pensionati sbaglino e mettano a repentaglio il proprio capitale. No, il rischio principale è in agguato da un’altra parte. Se si limitano le possibilità di prelievo del capitale, gli assicurati perderanno il diritto di ritiro del proprio denaro LPP. La possibilità di ritirare il capitale serve anche a ricordare che l’avere di vecchiaia appartiene agli assicurati: non alla cassa pensioni, non al datore di lavoro e nemmeno allo Stato.

Se gli assicurati sono consapevoli dei propri diritti e del loro interesse, essi si opporranno a ridistribuzioni «contro natura», per esempio a seguito di aliquote di conversione irrealistiche. Le riforme della previdenza per la vecchiaia sono notoriamente difficili. I problemi vengono volentieri «socializzati» e rimandati alle generazioni successive. Il prelievo di capitale pone chiari limiti a questa lenta statalizzazione del secondo pilastro. Esso è un bene molto prezioso: anche se singoli casi di abuso sono concepibili, non va sacrificato.