In questi giorni bisogna proprio stropicciarsi bene gli occhi. Il futuro della politica europea viene dibattuto senza esclusione di colpi e gli esercizi di retorica affossano la ricerca di soluzioni praticabili. I principali sindacati rifiutano il dialogo sulla ridefinizione delle misure accompagnatorie, decisione del tutto estranea alla tradizione politica elvetica.
Le misure accompagnatorie sono state introdotte 14 anni fa. L’obbligo di notifica preliminare entro 8 giorni per prestatori di servizi stranieri risale quindi a un’epoca in cui non esistevano né smartphone né applicazioni, che oggi invece scandiscono ogni minuto della nostra vita. È quindi assolutamente doveroso adeguare queste misure per riportare il nostro rapporto con i vicini europei su una solida base e garantire l’accesso al mercato alle ditte esportatrici rossocrociate, orgoglio di tutta una nazione. Dal 2004 in poi le misure accompagnatorie sono state inasprite a varie riprese. Da allora il controllo statale del mercato del lavoro festeggia il primato della burocrazia. Non sono soltanto i salari ad accusare delle pressioni, ma è il mercato del lavoro svizzero e la sua vocazione liberale ad essere in pericolo.
Tutti questi battibecchi di politica interna mettono in ombra il fatto che ogni giorno la Svizzera scambia beni e servizi con i Paesi dell‘UE per un valore di 1 miliardo di Franchi. Il 50 per cento circa delle nostre esportazioni, da cui dipendono oltre 750 000 posti di lavoro a tempo pieno in Svizzera, ha come destinazione l’UE. Con il loro ostentato mutismo i sindacati dovrebbero perlomeno chiarire se mettono in pericolo questi posti di lavoro intenzionalmente o solo per negligenza.
Il presente articolo è stato pubblicato il 14.8.2018 sul quotidiano «Blick am Abend». Per un’analisi dettagliata del tema, rimandiamo al nostro studio Risiken und Nebenwirkungen der Flankierenden.