Il primo pilastro della previdenza per la vecchiaia (AVS) e l’assicurazione sanitaria obbligatoria sono le fondamenta della sicurezza sociale in Svizzera. Nel 2014, queste due assicurazioni hanno assorbito il 44 percento di tutte le spese sociali; le loro prestazioni sono sancite dalla legge e saranno quindi erogate anche in  futuro. Tuttavia, non sono prefinanziate, ma dovranno essere garantite dalle generazioni future. Cosa significa tutto questo?

Nell’AVS, i contributi versati dalle persone attive finanziano le rendite in essere dei pensionati. Il primo pilastro della previdenza per la vecchiaia non si basa quindi sul risparmio, ma concretizza un sistema di trasferimento solidale e ben organizzato. Il rapporto tra il numero di occupati e pensionati gioca quindi un ruolo importante: nei prossimi anni le uscite dell’AVS aumenteranno in modo considerevole in seguito al pensionamento dei baby boomer, che oltretutto vivono sempre più a lungo. In linea di principio, per risanare le finanze dell’AVS – soprattutto in vista del calo di contribuenti futuri –si può far leva su tre fattori.

Innanzitutto possono essere ridotte le prestazioni, vale a dire le rendite. Sul piano politico questi tagli sono tuttavia molto difficili da attuare, oltre che poco efficaci, poiché l’AVS dovrebbe garantire il minimo esistenziale.

In secondo luogo, si possono aumentare le entrate. Per compensare l’aumento dei costi senza innalzare le aliquote contributive dell’AVS occorre una crescita della massa salariale globale in Svizzera, e con essa dei contributi cumulati. Per centrare questo obiettivo o aumenta il numero di persone attive (per esempio in seguito a migrazione o attivando persone che finora non hanno lavorato) oppure sale il reddito pro capite della popolazione residente . Il problema è che non è possibile prescrivere la crescita. La situazione è diversa per quanto riguarda l’aumento dei contributi atti a finanziare l’AVS. Per rispettare l’equità intergenerazionale bisognerebbe intervenire sull’IVA: in questo caso tutti, giovani e anziani, pagherebbero in base al proprio consumo. Un aumento degli oneri salariali metterebbe invece ancor più alle strette  l’economia di esportazione così importante per la piazza svizzera e già indebolita dalla forza del franco.

In terzo luogo, il periodo di contribuzione può essere prolungato innalzando l’età legale di pensionamento. Questa misura ha un duplice effetto: da un lato, datori di lavoro e lavoratori verserebbero più a lungo i rispettivi contributi; dall’altro, si ridurrebbe la durata di riscossione della rendita. Le conseguenze finanziarie sarebbero sostanziali: un aumento di 12 mesi dell’età pensionabile per ambo i sessi permetterebbe di migliorare i conti dell’AVS di circa 2,7 miliardi di franchi entro il 2030. Uno sguardo al passato comprova inoltre che un aumento dell’età di pensionamento ha effetti positivi sul mercato del lavoro: l’età pensionabile delle donne è stata aumentata da 62 a 63 anni nel 2001, e da 63 a 64 anni nel 2005. L’età di pensionamento effettiva delle coorti di allora è fortemente aumentata.

Va tuttavia ricordato che in Svizzera l’innalzamento dell’età pensionabile oltre i 65 anni è un tabù politico. Ma chi altro se non la Svizzera dovrebbe adottare tale misura? Il nostro Paese ha una delle speranze di vita più alte del mondo. La nostra economia è caratterizzata da un settore terziario molto sviluppato. Nel raffronto internazionale, la percentuale della popolazione attiva  nell’agricoltura o nell’industria pesante, a maggiore logorio fisico, è bassa. Nella maggior parte dei Paesi industrializzati il dibattito è diverso: 17 Paesi OCSE hanno deciso di fissare l’età di pensionamento a 67 rispettivamente 68 anni, e in alcuni di essi è già in vigore, sebbene alla nascita registrino una speranza di vita inferiore rispetto alla Svizzera.

Oneri in aumento nella cura degli anziani

Anche a livello di assicurazioni malattia, il finanziamento delle prestazioni sanitarie a lungo termine presuppone un carico supplementare per la popolazione attiva. I premi delle casse malati sono concepiti come premi individuali: a prima vista non avviene quindi nessun trasferimento tra attivi e pensionati, ma solo tra persone sane e persone ammalate. Siccome tuttavia i costi sanitari si accumulano in prevalenza negli ultimi due anni prima del decesso, ovvero per la maggior parte degli individui in età avanzata, il sistema dei premi individuali porta de facto a un sovvenzionamento incrociato degli anziani da parte dei giovani. Anche il cofinanziamento pubblico degli ospedali, dei servizi Spitex e delle case di cura tramite le entrate fiscali implica una ridistribuzione crescente dai giovani verso gli anziani. Nel Canton Zurigo per esempio circa tre quarti del gettito fiscale proviene da persone in età lavorativa.

L’aumento della speranza di vita di per sé non ha un impatto particolarmente forte sui costi della salute: i «costi legati al decesso» vengono semplicemente ritardati. Con il pensionamento dei baby boomer cambia però la dinamica del finanziamento delle spese sanitarie: nei prossimi vent’anni in Svizzera il numero di ottantenni e oltre aumenterà di almeno l’80 percento. Allo stesso tempo le persone in età lavorativa saliranno solo del 7 percento. È evidente che se in futuro vorremo destinare le stesse risorse di oggi alla cura degli anziani dovremo affrontare grandi sfide finanziarie e organizzative.

Arginare la crescita dei costi

L’organizzazione della cura degli anziani è di competenza dei Cantoni. L’approccio federalista permette di considerare le realtà locali. Tuttavia si osservano differenze significative in termini di costi di cura annuali per gli over 65 e più anziani. Alcuni Cantoni, come Appenzello Interno, Vallese e Nidvaldo forniscono le prestazioni di cura degli anziani spendendo fino al 45 percento in meno rispetto a quelli più dispendiosi (Appenzello Esterno, Ginevra, Basilea) – a un livello di prestazione comparabile (cfr. grafico 3).

È necessaria un’organizzazione complementare delle cure: i casi leggeri dovrebbero essere curati in modo ambulatoriale a casa o in strutture di accoglienza diurna, i casi più gravi invece in modo stazionario nelle case di cura. Serve una strategia «ambulatoriale e stazionaria» anziché «prevalentemente stazionaria».

Lasciandosi ispirare dai Cantoni migliori lungo tutta la filiera della cura, il potenziale di ottimizzazione sarebbe sostanziale. Se l’organizzazione delle cure nei Cantoni fosse efficiente almeno tanto quanto la media svizzera si potrebbero risparmiare 1,9 miliardi di franchi all’anno, vale a dire il 17 percento degli 11 miliardi di franchi (2014) spesi per la cura degli anziani.

Finanziare i costi rispettando l’equità intergenerazionale

Malgrado tutte le possibilità di ottimizzazione, il finanziamento della cura degli anziani rimarrà una sfida. Il Consiglio federale stima che entro il 2045 sarà necessario aumentare le tasse del 12 percento e che la quota dei premi delle casse malati destinata alla cura degli anziani raddoppierà. La soluzione a lungo termine della maggior parte dei problemi esposti sarebbe l’introduzione di un capitale di cura obbligatorio e individuale per il finanziamento della cura degli anziani. I fondi risparmiati potrebbero essere utilizzati per la cura o l’assistenza – a domicilio o nelle case di cura. In caso di decesso, i risparmi non utilizzati potrebbero essere lasciati in eredità. Ciò gratificherebbe i familiari per il loro sostegno, incoraggerebbe ad un uso rispettoso delle risorse e rafforzerebbe la responsabilità individuale.

Il capitale di cura dovrebbe poter coprire i costi medi delle cure (esclusi i servizi di alloggio). Ne risulterebbe un premio medio mensile di circa 250 franchi. A prima vista potrebbe sembrare elevato, ma oggi circa il 70 percento di questa somma è finanziato attraverso altri canali, soprattutto con le tasse e i premi di cassa malati, che dovrebbero essere ridotti di conseguenza. Siccome l’obbligo di contribuzione avrebbe inizio all’età di 55 anni, gli assicurati più giovani e le loro famiglie sarebbero sgravati in modo significativo. Se non si fosse in grado di pagare tale premio, esso verrebbe saldato dallo Stato, come avviene già oggi per i premi di cassa malati. Se il capitale di cura non fosse sufficiente, le spese dovrebbero essere coperte tramite mezzi privati o prestazioni complementari, come accade attualmente. Così si manterrebbe una rete sociale di sicurezza: lo Stato interverrebbe solo in modo sussidiario, anziché ricorrere al metodo dell’innaffiatoio.

Rinnovare anziché smantellare

Il finanziamento dell’AVS e la garanzia della cura degli anziani mettono a dura prova il contratto generazionale: se in futuro le generazioni più giovani verseranno «solo» tanto quanto quelle che le hanno precedute, non vi sarà denaro sufficiente per condurre una vecchiaia dignitosa. Se le generazioni più anziane si aspettano le stesse prestazioni finanziarie di cui hanno beneficiato i loro predecessori, il carico per gli attivi non sarà più sostenibile. È quindi necessaria una revisione, ma non una risoluzione del contratto generazionale. In ogni caso, le promesse attuali in materia di prestazioni non dovrebbero essere estese a scapito delle generazioni future. L’aumento dell’AVS per un importo di 70 franchi al mese per i nuovi pensionati, come previsto nel quadro della riforma della previdenza per la vecchiaia 2020, costerebbe alla popolazione attiva ulteriori 1,4 miliardi di franchi all’anno e andrebbe quindi esattamente nella direzione opposta.