Oggi in Svizzera decine di migliaia di donne altamente qualificate rimangono lontane dal mondo del lavoro per ragioni puramente fiscali, oppure decidono di prendervi parte soltanto con attività part-time. Il motivo è la tassazione congiunta dei redditi di entrambi i coniugi. Se per determinare l’imponibile si tiene conto del reddito complessivo di un’economia domestica, l’onere marginale – vale a dire il carico fiscale supplementare se si guadagna di più – è infatti identico per entrambi i partner. Rispetto al modello dell’imposizione individuale, che prevede una tassazione separata, il contribuente principale ne esce avvantaggiato, mentre chi percepisce il secondo reddito – che nel 90 per cento dei casi è la donna – è invece penalizzato.

Il confronto tra il carico fiscale del primo e del secondo reddito permette di delineare meglio la situazione (vedi grafico). In determinati Paesi è stato preso in esame il reddito medio di una donna sposata, senza figli e con un’attività lavorativa remunerata; in seguito sono stati calcolati i contributi alle assicurazioni sociali e l’onere fiscale nel caso (ipotetico) di una tassazione secondo la tariffa per persone sole (asse orizzontale). In un secondo momento è stata fatta una stima dell’aumento del carico fiscale (asse verticale) per una coppia sposata (calcolato in per cento del reddito complessivo della famiglia) se la moglie esercita a sua volta un’attività lucrativa e ambedue i coniugi percepiscono un reddito medio (inteso come del rispettivo genere).

L‘asse orizzontale mostra l’ipotetica aliquota media d’imposta per donne coniugate, senza prole e che esercitano un’attività lucrativa se venisse applicata la tariffa per donne sole. L’asse verticale presenta invece l’aumento percentuale del carico fiscale di una coppia sposata se la donna inizia un’attività remunerata. Anche il nostro sistema fiscale penalizza il secondo reddito: per un salario medio sia l’imposta sul reddito che i contributi alle assicurazioni sociali sono superiori del 50% rispetto al caso dell’imposizione individuale.

In molti Paesi questo cosiddetto tasso di partecipazione è decisamente più elevato dell’aliquota media d’imposta appena calcolata. In queste nazioni – tra cui si annovera anche la Svizzera – chi consegue il secondo reddito avrebbe un trattamento migliore se venisse tassato secondo l’imposizione individuale. D’altronde, come si evince dal grafico, da noi la discriminazione non è così grave come in Germania o in Belgio, principalmente grazie al fatto che in Svizzera la progressione dell’imposta sul reddito e dei contributi alle assicurazioni sociali è meno marcata. Ciononostante, anche da noi chi consegue un secondo reddito medio sottoposto a tassazione congiunta paga circa il 50% di imposte in più rispetto a quanto dovuto in caso di imposizione individuale.

Questo onere supplementare si ripercuote sulla partecipazione alla vita attiva. Un recente studio pubblicato dall’istituto di ricerca e consulenza Ecoplan ha quantificato per la prima volta e nel dettaglio la portata di questi effetti per la Svizzera. Ecoplan ha calcolato che se venisse introdotta l’imposizione individuale le imprese potrebbero attingere a forza lavoro qualificata supplementare nell’ordine di circa 60 000 equivalenti a tempo pieno. Soltanto a livello di imposta federale il passaggio a questo modello d’imposizione mobiliterebbe circa 19 000 equivalenti a tempo pieno. Sul piano cantonale, se ne prospetterebbero altri 40 000 circa. Ecoplan giunge anche alla conclusione che l’80 per cento delle persone che aumenterebbero il loro grado di occupazione o rientrerebbero nel mercato del lavoro sono donne in età compresa tra i 25 e i 55 anni, che attualmente svolgono un’attività a tempo parziale. Un terzo circa di queste persone dispone di un titolo di studio terziario, il 58 per cento di un diploma di livello secondario II.

Una soluzione che avrebbe un buon rapporto costi benefici per l’economia

Lo studio mette a confronto l’imposizione individuale e il modello proposto dal Consiglio federale per risolvere la cosiddetta «penalizzazione del matrimonio»: per le coppie sposate non viene più effettuato soltanto un calcolo sulla base del reddito complessivo (come sinora), ma anche uno alternativo, fondato su elementi di imposizione individuale. Dei due importi che ne risultano, l’ufficio di tassazione applicherebbe infine quello più vantaggioso.

A differenza del modello del Consiglio federale, l’imposizione individuale permetterebbe di eliminare sia la penalizzazione delle coppie sposate, sia qualsiasi altro tipo di disparità fiscale dovuta allo stato civile, e quindi anche i disincentivi che gravano su chi consegue il secondo reddito, con effetti occupazionali quasi doppi e perdite fiscali leggermente inferiori (780 mio. anziché 820 mio. di Fr. all’anno).

Anche rispetto ai provvedimenti alternativi adottati per mobilitare il potenziale interno di forza lavoro, l’imposizione individuale esce a testa alta: si stima ad esempio che una riduzione di un terzo delle tariffe per la custodia diurna dei bambini – che allo Stato costerebbe più o meno la stessa cifra – permetterebbe di generare soltanto la metà dei predetti effetti occupazionali.

Non soltanto una questione occupazionale

Il concetto di tassazione «corretta» delle coppie non va tuttavia analizzato soltanto nell’ottica del gettito fiscale e degli effetti sul mercato del lavoro. Un buon sistema fiscale non dovrebbe interferire con i progetti di vita della popolazione, tanto meno con la scelta dello stato civile. Il principale argomento a favore dell’imposizione individuale (e contro la tassazione congiunta) rimane di natura ideale: l’autorità fiscale dovrebbe finalmente smetterla di ficcare il naso nelle relazioni personali dei cittadini.