swissinfo.ch: Un rinomato quotidiano svizzero ha scritto di recente: «La ditta XY ha un problema: il suo organico conta troppe persone anziane». Gli impiegati prossimi alla pensione sono un problema per un’azienda?

Marco Salvi: Non la metterei in questi termini. Direi piuttosto che sono più produttivi. Va ricordato, tuttavia, che ci sono studi che indicano che i collaboratori più anziani sono meno innovativi rispetto a quelli più giovani. A lungo andare ciò potrebbe essere problematico per una ditta.

Lei afferma che i vecchi dipendenti sono meno innovativi. Hanno anche altri punti deboli?

Da una parte chi ha lavorato a lungo per la stessa ditta si è specializzato e ha acquisito competenze, conoscenze ed esperienze specifiche dell’azienda. D’altra parte c’è il rischio che un giorno l’esperienza e l’elevata specializzazione non siano più richieste. Di solito, la «specializzazione» è un vantaggio.

In parole povere e in maniera un po’ provocatoria, i vecchi dipendenti la sanno più lunga degli altri, non contribuiscono all’evoluzione dell’azienda e in più costano un sacco di soldi. Per l’azienda è quindi meglio sbarazzarsene il prima possibile.

I salari elevati non sono semplicemente un regalo, bensì sono giustificati dalla maggiore produttività dei lavoratori con una decennale esperienza in azienda. L’età media dei dipendenti delle imprese tradizionali è maggiore rispetto, per esempio, a quella delle start up. Non succede quasi mai che una ditta licenzi i dipendenti di lunga data per impiegare collaboratori giovani. Tuttavia è giusto ricordare che le nuove leve dispongono di ottime competenze, di solito diverse da quelle dei collaboratori più in là negli anni.

Mi faccia qualche esempio.

I giovani dipendenti hanno concluso da poco la loro formazione professionale e quindi hanno un bel bagaglio di nuove conoscenze, sono meno specializzati e per questo motivo hanno maggiore facilità ad acquisire nuove abilità e competenze. Per esempio, il settore delle tecnologie dell’informazione è in rapida evoluzione e perciò bisogna rimanere al passo con i tempi. Magari un collaboratore di lunga data non ritiene necessario mantenersi aggiornato.

Idealmente un’azienda dovrebbe quindi contare sia su collaboratori con una lunga esperienza alle spalle sia su quelli che hanno concluso da poco la loro formazione professionale.

In ogni caso, oltre ad essere eterogenea per quanto riguarda il genere, la forza lavoro dovrebbe possedere competenze ed esperienze che si completano a vicenda.

Alla luce dell’evoluzione demografica – i figli del baby boom si avvicinano all’età pensionabile – in futuro l’invecchiamento della forza lavoro nelle aziende sarà la regola e non l’eccezione. O mi sbaglio?

Nei prossimi anni diverse centinaia di migliaia di persone andranno in pensione. È un problema che interessa sia l’economia sia i servizi sociali. Già oggi si fa fatica a occupare i posti di lavoro vacanti. Quella della carenza di manodopera è una sfida che non viene, purtroppo, presa sul serio.

Ha delle proposte per affrontare questa situazione?

Le aziende devono reagire; alcune lo fanno già, puntando sulla digitalizzazione e sull’automazione. In Paesi come il Giappone o la Germania, che registrano una crescita demografica negativa, vengono utilizzati molti robot visto che l’offerta di manodopera è insufficiente.

Da un punto di vista demografico, la Svizzera si trova in una posizione migliore rispetto a Giappone o Germania?

Il Giappone non è forse un buon esempio, perché la sua situazione è drammatica. La popolazione invecchia molto in fretta e il tasso di natalità è basso. Inoltre non c’è quasi immigrazione. Anche se in maniera minore, la Germania era confrontata con lo stesso fenomeno fino ad alcuni anni fa. È grazie soprattutto all’immigrazione se la Svizzera si trova in una posizione migliore. A venire da noi sono soprattutto i giovani con un’elevata mobilità e che in seguito creano una famiglia.

Ritorniamo ai vecchi collaboratori: da un punto di vista economico ha senso mantenere i dipendenti sul libro paga oltre l’età pensionabile?

Per motivi demografici Avenir Suisse è favorevole all’aumento dell’età pensionabile.

Già oggi si registra un aumento dei dipendenti disposti a lavorare oltre l’età pensionabile, anche per uno stipendio inferiore. Non occupano gli impieghi destinati ai giovani?

Non credo. Noi di Avenir Suisse siamo abbastanza sicuri che questo fenomeno non avrà alcuna ripercussione negativa sul mercato del lavoro. Si nota in tutta l’Europa che un numero crescente di persone lavora oltre l’età della pensione, soprattutto a tempo parziale. L’età pensionabile sta aumentando in tutto il continente.

Dall’altra parte quasi la metà della popolazione attiva si congeda dal mondo del lavoro prima dell’età pensionabile. Non sarebbe più semplice chiedere a loro di continuare a lavorare, invece che innalzare l’età pensionabile?

Ancora più importante dell’innalzamento generale dell’età della pensione è l’aumento della flessibilità e della sicurezza delle rendite. Si deve evitare una ridistribuzione del secondo pilastro [previdenza professionale, N.d.R] a favore dei pensionati e a spese dei giovani. Io non sono contrario al pensionamento anticipato se chi lascia il mondo del lavoro prima dei 65 anni se ne assume i costi. Con il crescente benessere, la quota pensionistica [il rapporto tra il numero di pensionanti e quello di contribuenti, N.d.T.]­, già molto alta in Svizzera, rimarrà elevata anche in futuro, anche perché non tutti si sono innamorati del proprio lavoro.

Questa intervista è stata pubblicata il 22 febbraio su swissinfo.ch.